Daaaaaali!
Daaaaaali!
2023
Paese
Francia
Genere
Commedia
Durata
77 min.
Formato
Colore
Regista
Quentin Dupieux
Attori
Anaïs Demoustier
Pierre Niney
Romain Duris
Gilles Lellouche
Pio Marmaï
Una giovane giornalista francese (Anaïs Demoustier) incontra ripetutamente Salvador Dalí per il progetto di un film documentario le cui riprese non hanno mai inizio...
Nello stesso anno di Yannick (2023) il prolifico Quentin Dupieux, bizzarro regista francese di culto, firma un ritratto irresistibile e umoristico del pittore spagnolo Salvador Dalì, incastrandolo amabilmente nella sua poetica bizzarra e surreale. A partire da un’immagine partorita dalla mente del geniale e istrionico artista, quella di un pianoforte con un buco al centro che emette una gettata d’acqua indirizzata a una piccolo laghetto davanti a sé, Dupieux sceglie la chiave del metacinema più bislacco e strampalato possibile, mettendo in piedi il dispositivo di un’intervista a Dalì e facendo incarnare il personaggio a diversi attori francesi, che gigioneggiano senza alcuna remora né auto-censura nel parodiarne la parlata con accenti sempre più grotteschi, affettati e ridicoli. Un elemento che restituisce bene la portata di un’operazione in tutto e per tutto ironica e giocosa, che non si prende mai sul serio e che appare solo l’ennesimo, delizioso pretesto per squadernare perversamente l’onirica e surreale, nonché ormai proverbiale, ironia di Dupieux, alle prese anche con una satira generale sul narcisismo molto diffuso tra gli artisti. Anaïs Demoustier è molto in parte nei panni della giornalista elegante e misurata che si ritrova a non sapere gestire l’irruenza di Salvador Dalì, il quale con molta poca falsa modestia, come il film evidenzia, riteneva la sua stessa personalità il suo più grande capolavoro, mentre i vari attori chiamati a interpretare il pittore, come Édouard Baer e Gilles Lellouche, indossano anche diverse versioni dei suoi iconici baffi per personalizzare le singole incarnazioni del personaggio. Se le soluzioni grafiche e da fumetto convincono senza remore, qua e là le ridondanze nell’impianto di scrittura tendono a fare capolino nonostante la durata molto esigua di nemmeno un’ora e venti, ma a ravvivare il ritmo contribuiscono dei piccoli omaggi a Buñuel e alcune trovate assolutamente genialoidi (su tutte, i continui ribaltamenti nel giocare tra realtà e finzione, coi sogni di un vescovo che generano un loop in cui si azzera tutto e si riparte daccapo, chiaro riferimento a Il fascino discreto della borghesia). Le riprese ai sono svolte nel sobborgo parigino di Saint-Cloud, nel sud della Francia, e infine in Spagna, dove è stata allestita una casa sulla Costa Brava affinché il film evocasse la casa di Dalí a Port Lligat. Nel deserto spagnolo, Dupieux, anche sceneggiatore, montatore e direttore della fotografia, ha filmato dei tableaux vivants ispirati a due dipinti di Dalí: la già citata Fontana necrofila che scorre da un pianoforte a coda (1932), che apre e chiude il film, e L'arpa media fine e invisibile (1932). Thomas Bangalter, ex Daft Punk, è l’autore della colonna sonora del film, consistente più che altro in un unico tema ripetuto ossessivamente. Presentato Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
Nello stesso anno di Yannick (2023) il prolifico Quentin Dupieux, bizzarro regista francese di culto, firma un ritratto irresistibile e umoristico del pittore spagnolo Salvador Dalì, incastrandolo amabilmente nella sua poetica bizzarra e surreale. A partire da un’immagine partorita dalla mente del geniale e istrionico artista, quella di un pianoforte con un buco al centro che emette una gettata d’acqua indirizzata a una piccolo laghetto davanti a sé, Dupieux sceglie la chiave del metacinema più bislacco e strampalato possibile, mettendo in piedi il dispositivo di un’intervista a Dalì e facendo incarnare il personaggio a diversi attori francesi, che gigioneggiano senza alcuna remora né auto-censura nel parodiarne la parlata con accenti sempre più grotteschi, affettati e ridicoli. Un elemento che restituisce bene la portata di un’operazione in tutto e per tutto ironica e giocosa, che non si prende mai sul serio e che appare solo l’ennesimo, delizioso pretesto per squadernare perversamente l’onirica e surreale, nonché ormai proverbiale, ironia di Dupieux, alle prese anche con una satira generale sul narcisismo molto diffuso tra gli artisti. Anaïs Demoustier è molto in parte nei panni della giornalista elegante e misurata che si ritrova a non sapere gestire l’irruenza di Salvador Dalì, il quale con molta poca falsa modestia, come il film evidenzia, riteneva la sua stessa personalità il suo più grande capolavoro, mentre i vari attori chiamati a interpretare il pittore, come Édouard Baer e Gilles Lellouche, indossano anche diverse versioni dei suoi iconici baffi per personalizzare le singole incarnazioni del personaggio. Se le soluzioni grafiche e da fumetto convincono senza remore, qua e là le ridondanze nell’impianto di scrittura tendono a fare capolino nonostante la durata molto esigua di nemmeno un’ora e venti, ma a ravvivare il ritmo contribuiscono dei piccoli omaggi a Buñuel e alcune trovate assolutamente genialoidi (su tutte, i continui ribaltamenti nel giocare tra realtà e finzione, coi sogni di un vescovo che generano un loop in cui si azzera tutto e si riparte daccapo, chiaro riferimento a Il fascino discreto della borghesia). Le riprese ai sono svolte nel sobborgo parigino di Saint-Cloud, nel sud della Francia, e infine in Spagna, dove è stata allestita una casa sulla Costa Brava affinché il film evocasse la casa di Dalí a Port Lligat. Nel deserto spagnolo, Dupieux, anche sceneggiatore, montatore e direttore della fotografia, ha filmato dei tableaux vivants ispirati a due dipinti di Dalí: la già citata Fontana necrofila che scorre da un pianoforte a coda (1932), che apre e chiude il film, e L'arpa media fine e invisibile (1932). Thomas Bangalter, ex Daft Punk, è l’autore della colonna sonora del film, consistente più che altro in un unico tema ripetuto ossessivamente. Presentato Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
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