The Second Act
Le deuxième acte
2024
Paese
Francia
Genere
Commedia
Durata
80 min.
Formato
Colore
Regista
Quentin Dupieux
Attori
Léa Seydoux
Louis Garrel
Vincent Lindon
Raphaël Quenard
Manuel Guillot
Florence (Léa Seydoux) vuole far conoscere David (Louis Garrel), il ragazzo di cui è follemente innamorata, a suo padre Guillaume (Vincent Lindon). David, però, non è sufficientemente attratto da Florence e vorrebbe portarla tra le braccia del suo amico Willy (Raphaël Quenard). I quattro si troveranno tutti insieme in un ristorante, nel bel mezzo del nulla.
Bastano i titoli di testa di The Second Act per ritrovare la classica ironia di Dupieux, regista francese – noto anche con lo pseudonimo di Mr. Oizo, utilizzato per la sua carriera musicale – che torna a ragionare in maniera particolarmente esplicita sul rapporto tra realtà e finzione (già trattato, tra gli altri, in Reality del 2014) per dare vita a una meta-commedia in cui i personaggi si ritrovano in una sorta di gioco di scatole cinesi, composto da varie narrazioni in cui è facile perdersi anche per lo spettatore. Aperto da un incipit suggestivo e da due piani-sequenza notevolissimi, il film però si sgonfia troppo col passare dei minuti, a causa di numerose ridondanze e troppe prolissità, nonostante la durata sia inferiore all’ora e mezza complessiva. Come in Yannick (2023), la struttura drammaturgica che porta a una possibile deflagrazione compiuta da un outsider coinvolge, ma una volta che le carte si scoprono non c’è più molto di interessante da segnalare. Anche il tema dell’intelligenza artificiale – forma produttiva di questo bizzarro “film nel film” – è sviluppato in maniera altalenante, tra un paio di spunti brillanti e altre riflessioni decisamente più superficiali. Rimane l’ottima prova del cast e alcune idee pienamente azzeccate in questo lungometraggio che avrebbe però potuto e dovuto essere ben più incisivo. Scelto come film d’apertura, fuori concorso, della 77esima edizione del Festival di Cannes.
Bastano i titoli di testa di The Second Act per ritrovare la classica ironia di Dupieux, regista francese – noto anche con lo pseudonimo di Mr. Oizo, utilizzato per la sua carriera musicale – che torna a ragionare in maniera particolarmente esplicita sul rapporto tra realtà e finzione (già trattato, tra gli altri, in Reality del 2014) per dare vita a una meta-commedia in cui i personaggi si ritrovano in una sorta di gioco di scatole cinesi, composto da varie narrazioni in cui è facile perdersi anche per lo spettatore. Aperto da un incipit suggestivo e da due piani-sequenza notevolissimi, il film però si sgonfia troppo col passare dei minuti, a causa di numerose ridondanze e troppe prolissità, nonostante la durata sia inferiore all’ora e mezza complessiva. Come in Yannick (2023), la struttura drammaturgica che porta a una possibile deflagrazione compiuta da un outsider coinvolge, ma una volta che le carte si scoprono non c’è più molto di interessante da segnalare. Anche il tema dell’intelligenza artificiale – forma produttiva di questo bizzarro “film nel film” – è sviluppato in maniera altalenante, tra un paio di spunti brillanti e altre riflessioni decisamente più superficiali. Rimane l’ottima prova del cast e alcune idee pienamente azzeccate in questo lungometraggio che avrebbe però potuto e dovuto essere ben più incisivo. Scelto come film d’apertura, fuori concorso, della 77esima edizione del Festival di Cannes.
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