Abe (Jordan Gelber) è un trentenne “bamboccione” affetto da sindrome di Peter Pan: il “dark horse” del titolo appunto. Intrappolato in un lavoro che odia nell'azienda di giocattoli del padre (Christopher Walken) e in una vita familiare soffocante e oppressiva, Abe cercherà in tutti i modi di riscattare la sua amara quotidianità frequentando Miranda (Selma Blair), trentenne afflitta da turbe depressive, che diventa alter ego femminile del protagonista. Dark Horse, settimo lungometraggio di Todd Solondz, regista di pellicole forti come Happiness (1998) e Palindromi (2004), nasce dalla volontà dell'autore di affrontare una storia più classica e semplice, che, a differenza delle sue pellicole precedenti, non tratti né di stupri, né di pedofilia, né di aborti. Il risultato è una malinconica ed eccentrica commedia, dove si ride amaramente, e dove non viene meno lo sguardo critico del regista. Quella che in apparenza potrebbe apparire come un'opera minore, è in realtà una disamina acuta e spietata della società americana e dei suoi falsi miti, a cominciare dai tanti reality show, fabbrica di illusioni per molti giovani nullafacenti come il protagonista. La riflessione che il cineasta statunitense compie sul confine tra realtà e immaginazione permette al film di elevarsi da semplice commedia a vero e proprio dramma esistenziale sulle difficoltà di avere successo nella vita.