Germania. L'omicidio di un giornalista attraverso un ago d'acciaio conficcato nel cranio fa venire il dubbio al commissario Kras (Gert Fröbe) che il terribile dottor Mabuse sia tornato a colpire: una serie di morti sospette di illustri industriali, tutte collegate all'Hotel Luxor, sembrano infatti confermare la firma del mefistofelico dottore. Il commissario, così, si rivolgerà al cieco veggente Cornelius (Wolfgang Preiss) per farsi aiutare nell'indagine. Ultimo film dell'ormai settantenne Fritz Lang che, da poco tornato in Germania dopo ventiquattro anni in America, si regala un ritorno al celebre personaggio demoniaco da lui portato sullo schermo nel 1922 con Il dottor Mabuse e poi riproposto nel 1933 con Il testamento del dottor Mabuse, prima di scappare dal nazismo. Come nei precedenti episodi, l'obiettivo è quello di parlare, attraverso la figura simbolica del dottore, dei pericoli di una precisa era storica: se nel '22 Mabuse rappresentava il vento appestato della crisi finanziaria che affossava la Repubblica di Weimar e nel '33 il nascente mostro del nazismo, in questo terzo capitolo Lang usa la sua creatura per mettere in guardia la Germania da una possibile deriva Orwelliana, dove ogni gesto delle persone può essere visto da schermi e quindi potenzialmente manipolato (il titolo originale recita, infatti, “I 1000 occhi del Dr. Mabuse”). Per la verità, la rappresentazione di un mondo in discesa verso un totalitarismo fatto di monitor è appena abbozzata e il fascino espressionista dei primi due storici episodi rimane assai lontano. Tuttavia, la pellicola rimane un tenebroso film di genere, un oscuro mistery moderno carico di tensione, un “langhiano noir americano” trasferito in Germania e caratterizzato da una trama (e una regia) libera di spaziare, con successo, dal paranormale al giallo, passando per il dramma. Il dottor Mabuse tornerà in altri sei episodi, non girati da Lang.