Divorzio all'italiana
1961
Paese
Italia
Generi
Commedia, Grottesco
Durata
105 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Pietro Germi
Attori
Marcello Mastroianni
Daniela Rocca
Stefania Sandrelli
Leopoldo Trieste
Odoardo Spadaro
Saro Arcidiacono
Lando Buzzanca
Angela Cardile
Margherita Girelli
Pietro Tordi
Agramonte, Sicilia. Innamorato della giovane e bellissima cugina Angela (Stefania Sandrelli), il barone Ferdinando Cefalù, detto Fefè (Marcello Mastroianni), decide di liberarsi dell'insopportabile moglie, Rosalia (Daniela Rocca). Così Fefè fa incontrare la consorte e un suo ex amante, l'inetto Carmelo Patanè (Leopoldo Trieste): in questo modo il barone potrà uccidere Rosalia e, invocando il delitto d'onore, sposare Angela dopo aver scontato una misera pena detentiva.
Svolta improvvisa nella carriera di Pietro Germi che, dopo i successi dei suoi ultimi film drammatici (Il ferroviere del 1956, L'uomo di paglia del 1958 e Un maledetto imbroglio del 1959), passò alla commedia, firmando uno titoli di riferimento dell'intero genere. Strepitoso e graffiante atto d'accusa contro una società italiana ipocrita e arcaica, ancorata a modelli culturali e sociali ormai vetusti e anacronistici come l'assenza di una legge sul divorzio e il mantenimento dell'articolo 587 del codice penale che regolava il delitto d'onore. Con una carica sarcastica arguta e un'inventiva comica sempre sorprendente, Germi descrive una società siciliana grottesca e drammaticamente arretrata, ma il suo umorismo guarda al particolare rivolgendosi sempre all'universale. Il microcosmo di Argamonte non è un mondo a parte, ma l'emblema di una nazione conformista e cinica in cui il tornaconto personale e l'idea di rispettabilità vanno salvaguardate a ogni costo, anche attraverso l'omicidio. Il regista, inoltre, prende di mira l'immobilismo di un mondo che non sa e non vuole cambiare, incapace di evolversi, sospeso tra un perbenismo di facciata e pulsioni sfrenate (esemplare in tal senso la spassosa sequenza in cui viene preso d'assalto un cinema dove è proiettata La dolce vita di Federico Fellini, pellicola “scomunicata” dal parroco del paese). Straordinaria la prova di Marcello Mastroianni, impomatato e apparentemente imperturbabile ma nel profondo dell'animo diabolico e spietato calcolatore. Premio al Festival di Cannes come miglior commedia, Oscar alla miglior sceneggiatura e due nomination per la miglior regia e il miglior attore protagonista. Il titolo del film diede il nome al neonato filone cinematografico della commedia all'italiana.
Svolta improvvisa nella carriera di Pietro Germi che, dopo i successi dei suoi ultimi film drammatici (Il ferroviere del 1956, L'uomo di paglia del 1958 e Un maledetto imbroglio del 1959), passò alla commedia, firmando uno titoli di riferimento dell'intero genere. Strepitoso e graffiante atto d'accusa contro una società italiana ipocrita e arcaica, ancorata a modelli culturali e sociali ormai vetusti e anacronistici come l'assenza di una legge sul divorzio e il mantenimento dell'articolo 587 del codice penale che regolava il delitto d'onore. Con una carica sarcastica arguta e un'inventiva comica sempre sorprendente, Germi descrive una società siciliana grottesca e drammaticamente arretrata, ma il suo umorismo guarda al particolare rivolgendosi sempre all'universale. Il microcosmo di Argamonte non è un mondo a parte, ma l'emblema di una nazione conformista e cinica in cui il tornaconto personale e l'idea di rispettabilità vanno salvaguardate a ogni costo, anche attraverso l'omicidio. Il regista, inoltre, prende di mira l'immobilismo di un mondo che non sa e non vuole cambiare, incapace di evolversi, sospeso tra un perbenismo di facciata e pulsioni sfrenate (esemplare in tal senso la spassosa sequenza in cui viene preso d'assalto un cinema dove è proiettata La dolce vita di Federico Fellini, pellicola “scomunicata” dal parroco del paese). Straordinaria la prova di Marcello Mastroianni, impomatato e apparentemente imperturbabile ma nel profondo dell'animo diabolico e spietato calcolatore. Premio al Festival di Cannes come miglior commedia, Oscar alla miglior sceneggiatura e due nomination per la miglior regia e il miglior attore protagonista. Il titolo del film diede il nome al neonato filone cinematografico della commedia all'italiana.
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