Hollywood, anni Trenta. Lo scenografo Tod (William Atherton) si innamora di Faye (Karen Black), giovane aspirante attrice sua vicina di casa. La ragazza non riesce a fare carriera a Hollywood e flirta con una serie considerevole di uomini, finendo per prostituirsi in un bordello: andrà a vivere con Homer (Donald Sutherland), impiegato innamorato e represso, ma la tragedia è in agguato. John Schlesinger si cimenta con un genere narrativo trasversale a varie epoche del cinema americano: l'epica sulla decadenza di Hollywood, sulla fabbrica di sogni che si alimenta di vite, aspirazioni e sogni di figure incapaci di emergere da un sottobosco marcio e pericoloso. In una Los Angeles luminosissima, costantemente invasa dal sole, la vicenda sentimentale ruota intorno a un personaggio femminile, che si rivela poco originale: Faye è bionda e disconnessa dalla realtà, ma anche manipolatrice, attrice scadente in grado di esercitare il suo fascino su tutti gli uomini che se ne invaghiscono. Il regista inserisce elementi che indulgono nel grottesco, ma non riesce a evitare la retorica e lo stereotipo. Ottimo, comunque, Donald Sutherland in una parte difficile, dai toni sommessi eppure sottilmente inquietanti, e notevole il finale in bilico tra sogno e apocalisse, in cui il cinema diventa una massa pronta a divorare se stessa. Tratto dal celebre romanzo di Nathanael West e candidato a due Oscar: attore non protagonista (Burgess Meredith nel ruolo di Harry Greener) e fotografia (Conrad L. Hall). Presentato fuori concorso al Festival di Cannes.