Indagando sul caso di una persona scomparsa, il detective Jay Swan (Aaron Pedersen) giunge nella cittadina mineraria di Goldstone. Qui viene arrestato per guida in stato di ebbrezza da un giovane poliziotto locale, Josh (Alex Russell), con il quale nasce subito una certa antipatia. Quando la stanza dove alloggia Jay viene fatta saltare in aria, il detective comprende di trovarsi sulle giuste tracce: il distretto ha qualcosa di grande da nascondere. Messe da parte le divergenze con Josh, i due faranno squadra per scoprire la verità.
Thriller che porta la firma dell’australiano Ivan Sen, impegnato come sceneggiatore, direttore della fotografia, musicista, montatore e ovviamente anche regista, Goldstone ha per protagonista un investigatore di origini aborigene che si scontra fin da subito con la resistenza e l’ostilità della popolazione locale, dando il via a una crime story convenzionale e statica ma sufficientemente curata sul piano della confezione. A farsi notare, in particolare, è un’ambientazione funzionale e buone inquadrature d’ambiente, che non risparmiano campi lunghi e plongée su paesaggi a perdita d’occhio che ospitano personaggi abbozzati ma efficaci e squarci di drammaticità violenti e sommessi. Buono il lavoro sulle musiche, che puntellano le immagini con ottime e suggestive rifiniture, ma il disegno complessivo e alcuni dialoghi peccano talvolta di didascalismo, col rischio di impantanarsi qua e là in un andamento altalenante, con momenti più smorti e inerti della media. Distribuito in Italia a tre anni di distanza rispetto alla sua presentazione al Toronto Film Festival del 2016, con un sottotitolo che evidenzia le fratture e le contrapposizioni di cui il film si nutre a piene mani.