Midge (Kirk Douglas) è un poco di buono che decide di dedicarsi alla boxe. Farà molta strada ottenendo diversi riconoscimenti e importanti vittorie, ma l'incapacità di mantenere relazioni umane stabili e oneste gli sarà di grande ostacolo. Dramma a sfondo sportivo diretto da Mark Robson, estremamente coraggioso e sfacciato proprio come il suo protagonista. Il regista, intelligentemente, non si concentra tanto sulle gare, i risultati o il boato della folla che acclama il proprio beniamino, quanto piuttosto sulla crisi psicologica a cui una disciplina agonistica può condurre: il Midge interpretato da Kirk Douglas (perfetto per il ruolo) è infatti un essere umano prima ancora che un pugile, privo di qualsiasi coordinata solida sulla quale basarsi e in balìa di onde esistenziali che sembrano placarsi solo quando sale sul ring. Eppure anche nella boxe è indispensabile avere delle regole entro le quali costruirsi una carriera e una vita; il personaggio fatica ad accettare questo compromesso e trascina se stesso in una lenta e inesorabile spirale che lo porterà all'autodistruzione. Senza mai utilizzare trovate furbe o accattivanti, Robson racconta la parabola di uno sconfitto in maniera serrata e cruda, capace di incollare il pubblico allo schermo e di stordirlo sotto i potenti colpi sferrati dal pugile. Imperdibile per gli amanti del genere e della boxe. Candidato a sei premi Oscar, tra cui quelli per il miglior attore protagonista (Douglas), non protagonista (Arthur Kennedy, nella parte di Connie) e colonna sonora, ne conquistò uno per il montaggio di Harry W. Gerstad.