Cina, anni Trenta. Ip Man (Donnie Yen), maestro nell'arte marziale del Wing Chung, è il riflesso del benessere nel quale si trova il Foshan in quegli anni. L'uomo dedica alla sua famiglia più tempo che nell'accontentare tutti gli sfidanti che si presentano alla sua porta, almeno fino a quando i giapponesi non invadono la Cina e tutto cambia in maniera drammatica.
Dopo aver lavorato su progetti sempre personali, Ip Man è il primo film di Wilson Yip che punta dritto al botteghino, raccontando con un impianto a metà tra biografia e action, parte della vita di Ip Man, fondatore della scuola Wing Chung e futuro maestro di Bruce Lee. Come film di arti marziali Ip Man funziona davvero benissimo, e le sequenze di combattimento sono coreografate e girate con un grande senso della messa in scena. Peccato che la sceneggiatura non supporti la parte biografica, troppo superficiale e poco avvincente. Inoltre, la pellicola, più che raccontare la vita del Maestro, usa spunti biografici per esaltare l'orgoglio e la fermezza morale cinese nei confronti dei giapponesi, aguzzini senza scrupoli desiderosi solo di dimostrare la loro superiorità in tutti i campi, arti marziali comprese. Una leggerezza voluta di cui spesso si macchia l'odierno cinema cinese, e che purtroppo frena anche un film dall'alto valore inespresso come Ip Man.