Kwaidan – Storie di fantasmi
Kwaidan
1964
Paese
Giappone
Generi
Horror, Drammatico
Durata
183 min.
Formato
Colore
Regista
Masaki Kobayashi
Attori
Michiyo Aratama
Rentarō Mikuni
Tatsuya Nakadai
Keiko Kishi
Katsuo Nakamura
Kan'emon Nakamura
Il film è diviso in quattro episodi ambientati nell'antico Giappone. Ne I capelli neri, un giovane samurai impoverito (Rentarō Mikuni) abbandona la moglie per sposare una nobildonna. Pentito torna indietro ma lo aspetta un'amara sorpresa. Ne La donna della neve, un taglialegna (Tatsuya Nakadai) sposa una donna che assomiglia a uno spirito a cui alcuni anni prima aveva fatto un giuramento. In Hoichi senza orecchie, un giovane monaco cieco (Katsuo Nakamura) canta ogni notte per un pubblico di morti. Ne In una tazza di tè, uno scrittore cerca di completare un racconto incompiuto che narra di un samurai (Kan'emon Nakamura) tormentato da uno spirito vendicativo. Basata su alcuni brevi racconti di Lafcadio Hearn (1850-1904), popolare scrittore di origini greco-irlandesi naturalizzato giapponese con il nome di Koizumi Yakumo, la prima e unica incursione di Masaki Kobayashi nel territorio del soprannaturale è anche uno degli esempi più importanti del cinema horror nipponico di tutti i tempi, un viaggio allucinato fra storia, folklore, mitologia shintoista e dottrina buddista che con la sua straordinaria forza evocativa ha influenzato numerosi registi a venire. Dei quattro episodi di cui è composto, i primi due sono drammi sentimentali dal carattere spiccatamente morale, il terzo — il più lungo e complesso — è un'acuta riflessione sul potere dell'arte di lenire le ferite e di far rivivere il passato, l'ultimo è una coda metacinematografica che lascia la pellicola aperta e getta una luce beffarda sui tre episodi precedenti. Filo conduttore di tutti e quattro, la debolezza umana, lo scorrere inesorabile del tempo e il carattere illusorio di ogni cosa. Vertice dell'eleganza formale e della creatività pittorica del regista, il film è stato interamente girato all'interno di un hangar per aerei, fra enormi set artificiali e sgargianti fondali dipinti a mano, richiedendo un anno di riprese e un mastodontico budget di trecentocinquanta milioni di yen. Vero e proprio tappeto di suoni spettrali e inquietanti, la dissonante colonna sonora di Toru Takemitsu ha ricoperto un ruolo di primo piano nella creazione delle particolari atmosfere sospese fra sogno e realtà. Presentato al Festival di Cannes 1965 dove si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria e successivamente nominato all'Oscar per il miglior film straniero, il film è stato uno dei maggiori successi di pubblico e di critica di Masaki Kobayashi.
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