Lady Macbeth
Lady Macbeth
2016
Paese
Gran Bretagna
Genere
Drammatico
Durata
89 min.
Formato
Colore
Regista
William Oldroyd
Attori
Florence Pugh
Christopher Fairbank
Cosmo Jarvis
Naomi Ackie
Bill Fellows
Golda Rosheuvel
Paul Hilton
Nella campagna inglese di metà Ottocento la giovane Katherine (Florence Pugh) è soffocata da un matrimonio di puro interesse e dalle convenzioni del tempo. La sua misera esistenza trova uno stimolo nella relazione con uno stalliere (Paul Hilton), che ridà alla giovane vigore e vitalità, fino alle estreme conseguenze.
L'esordio di William Oldroyd (proveniente dal mondo del teatro) nel lungometraggio, pur non nascondendo la sua derivazione letteraria e ottocentesca (è tratto dal racconto Lady Macbeth del distretto di Mensk di Nikolaj Leskov, pubblicato nel 1856), non cade mai nelle trappole del calligrafismo e della raffinatezza pomposa e fine a se stessa. È un'opera sì elegante, ma anche soprattutto lucida e fredda, al limite del cinismo; è la storia di una vittima dei tempi e del contesto che trova come unica soluzione per ribellarsi e liberarsi quella di diventare carnefice, cadendo in una spirale di onnipotenza e violenza altrettanto disperata. Il volto della protagonista (un'intensa, asciutta e quasi ipnotica Florence Pugh) è quasi continuamente al centro dell'inquadratura, scelta stilistica che esalta il senso di prigionia nella prima parte e quello di onnipotenza nella seconda, permettendo così allo spettatore di comprendere il percorso interiore e il tracollo emotivo della tragica eroina. La metafora politica sulla condizione odierna della donna è evidente, per quanto non manchino da questo punto di vista ambiguità e lacune. Lampanti i riferimenti alla pittura del XIX secolo (Preraffaeliti e Courbet). Presentato in concorso al 34° Torino Film Festival.
L'esordio di William Oldroyd (proveniente dal mondo del teatro) nel lungometraggio, pur non nascondendo la sua derivazione letteraria e ottocentesca (è tratto dal racconto Lady Macbeth del distretto di Mensk di Nikolaj Leskov, pubblicato nel 1856), non cade mai nelle trappole del calligrafismo e della raffinatezza pomposa e fine a se stessa. È un'opera sì elegante, ma anche soprattutto lucida e fredda, al limite del cinismo; è la storia di una vittima dei tempi e del contesto che trova come unica soluzione per ribellarsi e liberarsi quella di diventare carnefice, cadendo in una spirale di onnipotenza e violenza altrettanto disperata. Il volto della protagonista (un'intensa, asciutta e quasi ipnotica Florence Pugh) è quasi continuamente al centro dell'inquadratura, scelta stilistica che esalta il senso di prigionia nella prima parte e quello di onnipotenza nella seconda, permettendo così allo spettatore di comprendere il percorso interiore e il tracollo emotivo della tragica eroina. La metafora politica sulla condizione odierna della donna è evidente, per quanto non manchino da questo punto di vista ambiguità e lacune. Lampanti i riferimenti alla pittura del XIX secolo (Preraffaeliti e Courbet). Presentato in concorso al 34° Torino Film Festival.
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