Midsommar – Il villaggio dei dannati
Midsommar
2019
Sky Cinema Due
il 26/11   dalle ore 21:15
Paese
Usa
Generi
Horror, Drammatico
Durata
147 min.
Formato
Colore
Regista
Ari Aster
Attori
Florence Pugh
Jack Reynor
William Jackson Harper
Will Poulter
Vilhelm Blomgran
Archie Madekwe
Ellora Torchia

Una coppia (Florence Pugh e Jack Reynor) giunge in Svezia per far visita a un amico che abita in un villaggio di campagna e festeggiare con lui la tradizionale festa di mezza estate. Questa festa, tuttavia, assumerà presto dei contorni disturbanti e inquietanti, legati al culto pagano praticato in quelle zone.

Dopo l’esordio con Hereditary – Le radici del male (2018), a distanza di un solo anno il regista Ari Aster si cimenta con un’altrettanto azzardata incursione nelle pieghe del terrore: Midsommar – Il viaggio dei dannati, suo seconda, ambiziosissima sortita dietro la macchina da presa, è un film che si nutre di paesaggi sterminati e riti ancestrali, trasformando una remota e sperduta località scandinava in un regno dell’ignoto e del perturbante che svelerà, gradualmente e attraverso una tensione sottile e strisciante, tutta la sua carica terrificante e destabilizzante. A differenza degli spazi angusti e demoniaci di Hereditary, raccolti, familiari e non di rado miniaturizzati, in questo caso ci si muove all’aria aperta, nel regno dell’ignoto a perdita d’occhio, ma il risultato è inferiore alle attese e al potenziale del talento registico di Aster. Il calcolato lavoro sul sonoro e sulle immagini, corredate di una circolarità insistita e reiterata, s’immerge in una deformità antropologica posta ai confini dell’Europa, ma lo fa con un’eccessiva e controproducente quantità di manierismo e compiacimento. Col passare dei minuti le situazioni, a cominciare dal trauma familiare della protagonista vanificato e abbandonato a se stesso dopo il prologo urbano, perdono di senso e smarriscono concretezza e reali strascichi, l’accumulo di suggestioni al confine tra il lirico e il demoniaco si fa stucchevole e non rimane molto altro all’infuori di una confezione estetica indubbiamente lussuosa ma comunque derivativa. Le singole immagini di forte impatto non mancano - si veda ad esempio il fiammeggiante e catartico rogo finale - e l’attenzione ai dettagli, soprattutto quelli floreali, confermano il robusto talento del cineasta, ma la dimensione allucinatoria di quest’incubo a occhi aperti di mezza estate convince molto meno del previsto e raccoglie solo parte del seminato, soprattutto sul versante mistico-religioso. Florence Pugh è un’ottima e virginea scream queen vessata da tormenti e nevrosi indicibili, ma anche le sorti del suo personaggio avrebbero meritato miglior fortuna; soprattutto nelle ultime battute della sceneggiatura, che si abbandonano a dinamiche sessuali di gruppo in bilico tra gusto lisergico grossolanamente camp ed evidenti e sornione strizzate d’occhio al trash. Molto apprezzato, negli Stati Uniti, dal cineasta Jordan Peele, che gli ha tributato tutto il suo appassionato apprezzamento.

Maximal Interjector
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