Macbeth
Macbeth
2015
Paesi
Gran Bretagna, Francia, Usa
Genere
Drammatico
Durata
113 min.
Formato
Colore
Regista
Justin Kurzel
Attori
Michael Fassbender
Marion Cotillard
Sean Harris
David Thewlis
Elizabeth Debicki
Jack Reynor
Paddy Considine
Macbeth (Michael Fassbender), duca di Scozia, assiste a una profezia: tre streghe gli svelano che un giorno diventerà Re. Consumato dall'ambizione e spinto dalla moglie (Marion Cotillard), Macbeth uccide l'attuale sovrano e si prepara a salire sul trono.
Ennesima trasposizione cinematografica delle celebre tragedia di William Shakespeare con cui in passato si sono cimentati (con esiti decisamente superiori) registi del calibro di Orson Welles (1948), Akira Kurosawa (Il trono di sangue del 1957) e Roman Polanski (1971). Al suo secondo lungometraggio, dopo Snowtown del 2011, l'australiano Justin Kurzel dimostra un discreto talento visivo, punta su un'atmosfera nebbiosa e satura a livello cromatico e su un paesaggio desolato e capace di riflettere il tormentato stato d'animo del protagonista, attraverso immagini contrastate e un uso espressivo delle singole inquadrature. La fotografia è efficace ma, una volta imboccata una certa strada stilistica (l'illuminazione con le candele e i filtri virati al rosso, in primis), porta il film verso una certa monotonia nella messinscena, che si fa appannata e, paradossalmente, assai incolore. Incapace di attualizzare il testo di partenza (seppur le concessioni siano diverse), Kurzel si limita così a firmare un prodotto dignitoso e nulla più: a volte il suo tocco è delicato, altre volte eccessivamente greve e grossolano, a causa dell’abuso di ralenti e di una serie di civetterie stilistiche superflue, decisamente compiaciute e sfasate. Il risultato è un lungometraggio un po' di maniera, calligrafico e interessante solo a tratti, che scimmiotta tanto il Nicolas Winding Refn di Valhalla Rising (2009) quanto la popolare serie HBO Il trono di spade, faticando a ritagliarsi la propria dose di originalità. Buona prova, in compenso, della coppia Fassbender-Cotillard. In concorso al 68° Festival di Cannes.
Ennesima trasposizione cinematografica delle celebre tragedia di William Shakespeare con cui in passato si sono cimentati (con esiti decisamente superiori) registi del calibro di Orson Welles (1948), Akira Kurosawa (Il trono di sangue del 1957) e Roman Polanski (1971). Al suo secondo lungometraggio, dopo Snowtown del 2011, l'australiano Justin Kurzel dimostra un discreto talento visivo, punta su un'atmosfera nebbiosa e satura a livello cromatico e su un paesaggio desolato e capace di riflettere il tormentato stato d'animo del protagonista, attraverso immagini contrastate e un uso espressivo delle singole inquadrature. La fotografia è efficace ma, una volta imboccata una certa strada stilistica (l'illuminazione con le candele e i filtri virati al rosso, in primis), porta il film verso una certa monotonia nella messinscena, che si fa appannata e, paradossalmente, assai incolore. Incapace di attualizzare il testo di partenza (seppur le concessioni siano diverse), Kurzel si limita così a firmare un prodotto dignitoso e nulla più: a volte il suo tocco è delicato, altre volte eccessivamente greve e grossolano, a causa dell’abuso di ralenti e di una serie di civetterie stilistiche superflue, decisamente compiaciute e sfasate. Il risultato è un lungometraggio un po' di maniera, calligrafico e interessante solo a tratti, che scimmiotta tanto il Nicolas Winding Refn di Valhalla Rising (2009) quanto la popolare serie HBO Il trono di spade, faticando a ritagliarsi la propria dose di originalità. Buona prova, in compenso, della coppia Fassbender-Cotillard. In concorso al 68° Festival di Cannes.
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