Mickey 17
Mickey 17
2025
In sala
dal 06/03
Paesi
Corea del Sud, Usa
Generi
Avventura, Commedia, Fantasy, Fantascienza
Durata
139 min.
Formato
Colore
Regista
Bong Joon-ho
Attori
Robert Pattinson
Holliday Grainger
Naomi Ackie
Toni Collette
Mark Ruffalo
Anamaria Vartolomei
Mickey Barnes (Robert Pattinson) è un impiegato usa e getta, un "sacrificabile" della sua azienda, mandato in avanscoperta su un pianeta ghiacciato per la futura colonizzazione. Ogni volta che una replica di Mickey muore, viene rigenerato un nuovo clone che contiene intatti i suoi ricordi.
Tratto dal romanzo Mickey7 di Edward Ashton, l’ottavo lungometraggio di Bong Joon-ho è un nuovo capitolo fantascientifico nella filmografia del regista sudcoreano, che aveva già affrontato il genere in The Host (2006), Snowpiercer (2013) e Okja (2017). Fatta eccezione per il primo di questi, gli altri due sono i precedenti lungometraggi in lingua inglese di Bong che, dopo lo straordinario successo del meraviglioso Parasite (2019), è tornato ancora a una produzione internazionale (anche a livello di cast) che rimanda moltissimo proprio a quel Okja che da molti è considerato (giustamente) un film minore nella sua magistrale carriera. Gli esiti di Mickey 17 non sono però migliori, anzi, perché se il registro grottesco diventa funzionale all’evidente metafora sugli Stati Uniti che il regista mette in scena, il simbolismo è però eccessivamente didascalico con una sorta di dittatore/conquistatore di nuovi mondi che sembra un incrocio tra Donald Trump e Elon Musk. L’allegoria politica è nelle corde del regista sudcoreano, lo sappiamo bene e il film è coerentissimo col suo percorso, ma in questo caso i messaggi proposti sono davvero troppo semplicistici e la pellicola rischia di ancorarsi a metà del suo percorso andando a riproporre costantemente le stesse dinamiche narrative e concettuali. Il tema del doppio e dei cloni, inoltre, sa davvero troppo di già visto e, seppur Pattinson sia bene in parte, non riesce a risultare particolarmente brillante all’interno di una struttura drammaturgica che rischia di banalizzare, anche in questo caso, certi argomenti. Non mancano alcuni passaggi divertenti, così come le sequenze davvero profonde, ma il disegno d’insieme è troppo fiacco per graffiare davvero e non c’è bisogno di sottolineare come da un regista di questa grandezza fosse lecito aspettarsi molto, ma molto di più. Presentato all’interno della sezione Berlinale Special 2025 dopo numerosi rinvii dovuti a cambiamenti sul montaggio finale.
Tratto dal romanzo Mickey7 di Edward Ashton, l’ottavo lungometraggio di Bong Joon-ho è un nuovo capitolo fantascientifico nella filmografia del regista sudcoreano, che aveva già affrontato il genere in The Host (2006), Snowpiercer (2013) e Okja (2017). Fatta eccezione per il primo di questi, gli altri due sono i precedenti lungometraggi in lingua inglese di Bong che, dopo lo straordinario successo del meraviglioso Parasite (2019), è tornato ancora a una produzione internazionale (anche a livello di cast) che rimanda moltissimo proprio a quel Okja che da molti è considerato (giustamente) un film minore nella sua magistrale carriera. Gli esiti di Mickey 17 non sono però migliori, anzi, perché se il registro grottesco diventa funzionale all’evidente metafora sugli Stati Uniti che il regista mette in scena, il simbolismo è però eccessivamente didascalico con una sorta di dittatore/conquistatore di nuovi mondi che sembra un incrocio tra Donald Trump e Elon Musk. L’allegoria politica è nelle corde del regista sudcoreano, lo sappiamo bene e il film è coerentissimo col suo percorso, ma in questo caso i messaggi proposti sono davvero troppo semplicistici e la pellicola rischia di ancorarsi a metà del suo percorso andando a riproporre costantemente le stesse dinamiche narrative e concettuali. Il tema del doppio e dei cloni, inoltre, sa davvero troppo di già visto e, seppur Pattinson sia bene in parte, non riesce a risultare particolarmente brillante all’interno di una struttura drammaturgica che rischia di banalizzare, anche in questo caso, certi argomenti. Non mancano alcuni passaggi divertenti, così come le sequenze davvero profonde, ma il disegno d’insieme è troppo fiacco per graffiare davvero e non c’è bisogno di sottolineare come da un regista di questa grandezza fosse lecito aspettarsi molto, ma molto di più. Presentato all’interno della sezione Berlinale Special 2025 dopo numerosi rinvii dovuti a cambiamenti sul montaggio finale.
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