Napoléon
Napoléon
1927
Paese
Francia
Generi
Storico, Guerra, Sperimentale
Durata
240 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Abel Gance
Attori
Albert Dieudonné
Vladimir Roudenko
Edmond Van Daële
Antonin Artaud
Abel Gance
Alexandre Koubitzky
Gina Manès
Marguerite Gance
Yvette Dieudonné
Philippe Hériat
Harry Krimer
Fiero e solitario, Napoleone Bonaparte (Vladimir Roudenko da giovane, Albert Dieudonné da adulto) attraversa la storia di Francia mietendo successi: distintosi in collegio per particolari abilità strategiche, riesce a cavalcare l'onda della Rivoluzione, soffocando i rigurgiti monarchici e raccogliendo l'eredità di Robespierre (Edmond Van Daële). Sposerà l'amata Giuseppina Beauharnais (Gina Manès) e, solo due giorni dopo, partirà per realizzare il suo più grande successo militare: la campagna d'Italia. Stimolato dal fermento artistico che negli anni Venti animava la Francia e ossessionato dalla figura di Bonaparte (l'intenzione iniziale, poi sfumata, era quella di dirigere sei film incentrati sulla vita del celebre condottiero còrso), Abel Gance realizza il suo capolavoro: un'opera fluviale, caratterizzata da uno sfrenato sperimentalismo strutturale e da un gigantismo produttivo da antologia. Esempio calzante di una precisa idea di cinema autoriale (nonché intellettuale), il film pone le basi della sua grandezza su una tecnica sopraffina, atta a veicolare gli snodi tematici inerenti all'innata superiorità di una figura stigmatizzata non per controversia (esemplare la scelta di mettere in scena episodi gloriosi e mitizzanti), ma per impatto storico e intraprendenza d'animo: mezzo supremo di questa celebrazione è il montaggio che, tramite una macchina da presa mobile sino al parossismo, crea un dinamismo narrativo e visivo vorticoso. Un bombardamento sensoriale quasi ipnotico, generato dalla fulminea successione di immagini e da sovrimpressioni che mirano a delineare l'iconica austerità di Napoleone, paragonato continuamente a un falco e raffigurato sullo sfondo dell'immensità marina. Tacciato più volte di apologia nazionalista (il bianco e nero di Léonce-Henri Burel, Jules Kruger, Joseph-Louis Mundwiller e Nikolai Toporkoff vira a tratti verso il rosso e il blu, a ricordare i colori della bandiera francese), Napoléon si fa in realtà portatore di un concetto universale di Potere, soggetto a un riciclo desolante e inevitabile causato dall'ipocrisia politica, e inneggia a un ideale di utopica coesione che può trovare la sua espressione massima solo sul grande schermo. Magniloquente e imprescindibile. Celebre la divisione dello schermo in tre parti, che mostrano scene diverse di battaglie in Italia, ma è d'obbligo citare almeno un'altra sequenza memorabile: l'esibizione del compositore Claude Joseph Rouget de Lisle (interpretato da Harry Krimer) che canta per la prima volta La Marsigliese di fronte a una folla in visibilio, prova tangibile dell'incredibile modernità di una pellicola entrata di diritto nella storia della settima arte. Il grande teorico e drammaturgo Antonin Artaud è Marat, Gance si ritaglia la parte di Louis Saint-Just. Rimontato e abbreviato dallo stesso regista, il film è stato sottoposto a plurimi interventi di restauro nel corso degli anni, dando origine a diverse durate: la versione più completa è di 330 minuti.
Maximal Interjector
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