Gli ultimi anni di vita di Beethoven (Wolfgang Reichmann) dal punto di vista di un nipote Karl (Dietmar Prinz) cui uno dei più grandi geni della musica di tutti i tempi rovinò letteralmente l'esistenza col suo carattere ben poco raccomandabile. A partire dai libri di Luigi Magnani, Morrissey realizza un modesto film su commistione su cui aleggiano atmosfere transalpine. Scritto con Mathieu Carrère, anche interprete nei panni dell'Arciduca Rodolfo, ha come unico pregio quello di contrapporsi all'abusato canone della biografia agiografica. Le ambizioni e le tensioni scomode del copione non trovano tuttavia alcun rispecchiamento nell'accademismo senza nerbo della messa in scena, che silenzia anche l'aspetto psicanaliticamente e cinematograficamente più rilevante (la presunta omosessualità del musicista) limitandosi ad allusioni vaghissime e all'acqua di rose. Come risultato finale di rilievo, si fa per dire, rimane solo la scolasticità di un rapporto generazionale che, dal punto di vista della resa effettiva, non sa che farsene della mestizia e del rancore da cui sembra percorso.