Nome di donna
2018
Paese
Italia
Genere
Drammatico
Durata
98 min.
Formato
Colore
Regista
Marco Tullio Giordana
Attori
Cristiana Capotondi
Valerio Binasco
Adriana Asti
Stefano Scandaletti
Michela Cescon
Bebo Storti
Laura Marinoni
Anita Kravos
Nina (Cristiana Capotondi) si trasferisce da Milano in un piccolo paese della Lombardia, dove trova lavoro in una residenza per anziani molto abbienti. In questo mondo levigato e in apparenza imperturbabile si nascondono però dei segreti tutt’altro che rassicuranti e l’impatto di Nina con le sue colleghe e col dirigente della struttura, Marco Maria Torri (Valerio Binasco), non sarà dei migliori…

A sei anni di distanza dal solido Romanzo di una strage (2012), Marco Tullio Giordana torna dietro la macchina da presa per un film che fa i conti molto da vicino con una tematica dolorosa come le molestie alle donne sul luogo di lavoro. Un dato troppo a lungo taciuto e in realtà macroscopico (l’Istat parla di un milione e mezzo e passa di casi), che è il perno assoluto del racconto proposto dal regista de I cento passi (2000) e La meglio gioventù (2003). Il passo falso è però sonoro e pressoché totale: a parte lo spunto importante e socialmente urgente non c’è nulla da segnalare in Nome di una donna, affossato da una sceneggiatura elementare e didascalica, zeppa di passaggi sciatti e grossolani, e mal servito da una piattezza formale degna della più elementare fiction televisiva di prima serata. La scrittura e la messa in scena sono pallide e mediocri, la direzione degli attori procede all’acqua di rose e i cattivi, che lo sono sempre e comunque fin da subito, sono tagliati con l’accetta. Si salva, in parte, solo la dedita e sofferta protagonista Cristiana Capotondi, che prova a reggere il film sulle sue fragili spalle attraverso il grigiore di un personaggio spento e dimesso ma non per questo non combattivo, anche se col passare dei minuti scantona anche lei nell’over-acting, accordandosi alla pessima ispirazione del regista. La gestazione del film è molto precedente all’enorme risonanza mediatica del movimento #Metoo, ma gli restano solo le buone intenzioni. Rasentano lo scult la soluzione narrativa della telecamera nello studio del dottor Torri e il tentativo di videochiamata su Skype di Colin Firth (!) al personaggio di Adriana Asti, attrice con le foto di Luchino Visconti e Luca Ronconi sul comodino.
Maximal Interjector
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