Roubaix, une lumière
Roubaix, une lumière
2019
Paese
Francia
Generi
Drammatico, Poliziesco
Durata
120 min.
Formato
Colore
Regista
Arnaud Desplechin
Attori
Léa Seydoux
Sara Forestier
Roschdy Zem
Antoine Reinartz
Il commissario Daoud (Roschdy Zem), emigrato con la famiglia in Francia a sette anni dall’Algeria, si ritrova a indagare sugli omicidi della città di Roubaix, situata nell’nord della Francia, in prossimità di Lille. A coinvolgerlo particolarmente sarà il caso della morte di un’ottantenne, nel quale vengono invischiate due fidanzate che abitavano in prossimità della vittima (Léa Seydoux e Sara Forestier).

Il film è la trasposizione del documentario per la televisione Roubaix, commissariat central, affaires courantes di Mosco Boucault, che riprendeva in tempo reale un drammatico fatto di cronaca avvenuto a Roubaix nel 2002. Il regista francese Arnaud Desplechin si concede una parentesi all’apparenza puramente di genere, dirigendo questo noir dai forti conflitti morali, profondamente calato nella crisi economica e nel tessuto sociale ed etnico sempre più composito della sua città natale, evocata fin dal titolo originale. Ne viene fuori un polar fortemente connotato in chiave antropologica e sociale, ma anche un’indagine condotta, in maniera piuttosto eloquente, nei meandri della Francia contemporanea, che il cineasta articola a partire da uno spunto sociale e poliziesco pronto a incrociare degli elementi autobiografici alquanto nitidi. Sullo sfondo ci sono la disoccupazione e una gestione non facile della multiculturalità, con uno sguardo attento e partecipe alle crepe del presente, ma l’opportunità offerta da questa storia consente soprattutto di riflettere, com’è facile intuire, sulla colpa, le sue sfumature cariche d’ambiguità e le inevitabili conseguenze che scaturiscono da tali controversie, attraverso un dispositivo da thriller notturno quasi tutto girato in interni. Come in Racconto di Natale (2008), ci muoviamo nei giorni della festività natalizia, a riprova di quanto Desplechin sembri voler rimanere vicino alla matrice del suo cinema e a un’idea di ipertesto personale cui crede e tiene moltissimo, ma anche cambiarle di segno e orientarle verso un cinema dall’impianto e dalle griglie più popolari. La ricostruzione dell’inchiesta e la messa a fuoco progressiva e inesorabile del delitto commesso sprecano tuttavia una parte del proprio potenziale per via di un eccesso di didascalie emotive, ancorandosi in più di un’occasione a un linguaggio statico e televisivo. Eccellente prova, ad ogni modo, del protagonista Roschdy Zem, ma anche il resto del cast, al netto di qualche momento più orientato al patetismo, fa discretamente bene il suo dovere. Presentato in Concorso al Festival di Cannes 2019.
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