Spectateurs!
Spectateurs!
2024
Paese
Francia
Generi
Biografico, Documentario
Durata
88 min.
Formato
Colore
Regista
Arnaud Desplechin
Attori
Louis Birman
Clément Hervieu-Léger
Sandra Laugier
Milo Machado-Graner
Mathieu Amalric
La passione per il cinema di Paul Dédalus (Milo Machado-Graner da ragazzo, Mathieu Amalric da adulto) nel corso dei decenni, dalle prime esperienze da bambino alla consapevolezza maturata una volta raggiunta l'età adulta.
Un film che vuole celebrare le sale cinematografiche e la loro multiforme magia. Le parole dello stesso Desplechin racchiudono in estrema sintesi il senso di un'operazione di pura illustrazione emotiva, con al centro una sincera, per quanto banale, dichiarazione d'amore per la Settima arte. Il caleidoscopio dei sentimenti legato all'esperienza nel buio della sala è solo uno degli aspetti che l'autore francese vuole far giungere allo spettatore. In un periodo storico in cui il consumo "usa e getta" delle piattaforme streaming sembra allontanare sempre più le persone dai cinema, Desplechin, con mano raffinata, si abbandona a una storia a metà tra approccio documentario, con materiali d'archivio e un intento quasi didattico nel trasmettere l'evoluzione del mezzo cinematografico in maniera filologicamente corretta, e romanzato racconto autobiografico, ritagliandosi la parte del narratore e affidando la figura del suo alter ego all'amico Amalric. Il risultato è meramente decorativo, ma il piacere della visione è assicurato: senza insistere su aspetti intellettuali o su soluzioni di valenza strettamente teorica, il regista e sceneggiatore francese si affida all'effetto nostalgia, puntando su momenti in cui ciascuno spettatore possa rivivere, per analogia, un suo ricordo cinefilo personale. La presa sul grande pubblico è astutamente garantita dalla volontà di Desplechin di non legarsi a una idea di cinema snob "per pochi eletti" o, peggio ancora, di cadere in una sorta di campanilismo alla francese: ecco allora che si passa dalla bugia sull'età detta da Paul a quattordici anni per poter entrare in sala a vedere Sussurri e grida (vietato ai minori di sedici anni) alle riflessioni sulla "castità" cinematografica di Julia Roberts, dal senso del paesaggio "oltre lo schermo" di Cimino ne Il cacciatore alle lacrime di Claudette Colbert, senza dimenticare l'essenza del cinema più puro presente nelle sequenze d'azione di Trappola di cristallo o Cliffhanger. Intenso il lungo frammento in cui si lascia spazio al toccante ricordo di quanto siano scolpite nella memoria di Paul (e dello stesso Desplechin) le nove ore di Shoah di Claude Lanzmann. Una dichiarazione d'intenti fin dal titolo, gradevole nella sua semplicità, che non poteva che scegliere come ultimo omaggio cinefilo I 400 colpi di Truffaut. Presentato nella sezione Special Screenings del Festival di Cannes 2024.
Un film che vuole celebrare le sale cinematografiche e la loro multiforme magia. Le parole dello stesso Desplechin racchiudono in estrema sintesi il senso di un'operazione di pura illustrazione emotiva, con al centro una sincera, per quanto banale, dichiarazione d'amore per la Settima arte. Il caleidoscopio dei sentimenti legato all'esperienza nel buio della sala è solo uno degli aspetti che l'autore francese vuole far giungere allo spettatore. In un periodo storico in cui il consumo "usa e getta" delle piattaforme streaming sembra allontanare sempre più le persone dai cinema, Desplechin, con mano raffinata, si abbandona a una storia a metà tra approccio documentario, con materiali d'archivio e un intento quasi didattico nel trasmettere l'evoluzione del mezzo cinematografico in maniera filologicamente corretta, e romanzato racconto autobiografico, ritagliandosi la parte del narratore e affidando la figura del suo alter ego all'amico Amalric. Il risultato è meramente decorativo, ma il piacere della visione è assicurato: senza insistere su aspetti intellettuali o su soluzioni di valenza strettamente teorica, il regista e sceneggiatore francese si affida all'effetto nostalgia, puntando su momenti in cui ciascuno spettatore possa rivivere, per analogia, un suo ricordo cinefilo personale. La presa sul grande pubblico è astutamente garantita dalla volontà di Desplechin di non legarsi a una idea di cinema snob "per pochi eletti" o, peggio ancora, di cadere in una sorta di campanilismo alla francese: ecco allora che si passa dalla bugia sull'età detta da Paul a quattordici anni per poter entrare in sala a vedere Sussurri e grida (vietato ai minori di sedici anni) alle riflessioni sulla "castità" cinematografica di Julia Roberts, dal senso del paesaggio "oltre lo schermo" di Cimino ne Il cacciatore alle lacrime di Claudette Colbert, senza dimenticare l'essenza del cinema più puro presente nelle sequenze d'azione di Trappola di cristallo o Cliffhanger. Intenso il lungo frammento in cui si lascia spazio al toccante ricordo di quanto siano scolpite nella memoria di Paul (e dello stesso Desplechin) le nove ore di Shoah di Claude Lanzmann. Una dichiarazione d'intenti fin dal titolo, gradevole nella sua semplicità, che non poteva che scegliere come ultimo omaggio cinefilo I 400 colpi di Truffaut. Presentato nella sezione Special Screenings del Festival di Cannes 2024.
Iscriviti
o
Accedi
per commentare