Padrenostro
2020
Paese
Italia
Genere
Drammatico
Durata
120 min.
Formato
Colore
Regista
Claudio Noce
Attori
Pierfrancesco Favino
Barbara Ronchi
Mattia Garaci
Francesco Gheghi
Francesco Colella
Antonio Gerardi
Roma, 1976. La vita del piccolo Valerio (Mattia Garaci) viene sconvolta dopo aver assistito a un attentato nei confronti di suo padre (Pierfrancesco Favino) da parte di un gruppo di terroristi. Da quel momento, la paura e il senso di vulnerabilità segneranno drammaticamente i sentimenti di tutta la famiglia fino a quando Christian (Francesco Gheghi), un amico di Valerio, entrerà prepotentemente nelle loro vite.
Il regista Claudio Noce firma un progetto complesso e scivoloso, incentrato (molto liberamente) sulla propria esperienza personale. Le basi di Padrenostro sono più che interessanti: l'opera si prefigge, infatti, di raccontare gli anni di piombo italiani attraverso gli occhi dei bambini, invisibili e silenziosi testimoni che nel tempo hanno avuto modo di elaborare la tensione vissuta in quell'epoca per poi trovarsi costretti a farne i conti senza venire mai interpellati. Bastano pochi minuti però per accorgersi che, purtroppo, il regista si è lasciato prendere troppo la mano anteponendo il suo sguardo autoriale (tra l'altro del tutto discutibile) alla forza tematica del racconto. Ecco allora che il film perde progressivamente la bussola, provando ad ammaliare lo spettatore non con emozioni o riflessioni ma con sequenze registicamente sbagliate che sembrano voler fare a gara per diventare via via sempre più scult e superficiali (temi come il senso di colpa, il passaggio generazionale e la famiglia quale micromondo compatto da anteporre alle ostilità sociali sono confusamente abbozzati). Il tuffo nella memoria di Noce è puramente viscerale (come dimostrano i celebri brani italiani posti a corredo delle immagini), ma per risultare interessante e compatto al grande pubblico serve decisamente ben altro che una sorta di lettera aperta ai propri genitori. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2020 dove Pierfrancesco Favino ha vinto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile.
Il regista Claudio Noce firma un progetto complesso e scivoloso, incentrato (molto liberamente) sulla propria esperienza personale. Le basi di Padrenostro sono più che interessanti: l'opera si prefigge, infatti, di raccontare gli anni di piombo italiani attraverso gli occhi dei bambini, invisibili e silenziosi testimoni che nel tempo hanno avuto modo di elaborare la tensione vissuta in quell'epoca per poi trovarsi costretti a farne i conti senza venire mai interpellati. Bastano pochi minuti però per accorgersi che, purtroppo, il regista si è lasciato prendere troppo la mano anteponendo il suo sguardo autoriale (tra l'altro del tutto discutibile) alla forza tematica del racconto. Ecco allora che il film perde progressivamente la bussola, provando ad ammaliare lo spettatore non con emozioni o riflessioni ma con sequenze registicamente sbagliate che sembrano voler fare a gara per diventare via via sempre più scult e superficiali (temi come il senso di colpa, il passaggio generazionale e la famiglia quale micromondo compatto da anteporre alle ostilità sociali sono confusamente abbozzati). Il tuffo nella memoria di Noce è puramente viscerale (come dimostrano i celebri brani italiani posti a corredo delle immagini), ma per risultare interessante e compatto al grande pubblico serve decisamente ben altro che una sorta di lettera aperta ai propri genitori. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2020 dove Pierfrancesco Favino ha vinto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile.
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