John McTeague (Gibson Gowland), ex minatore in cerca di fortuna come dentista, si innamora di Trina (ZaSu Pitts) e la sposa, sottraendola all'amico Marcus (Jean Hersholt). Il matrimonio si sfalda dopo la vincita di cinquemila dollari alla lotteria, che trasformano profondamente il carattere della donna e mettono i due coniugi uno contro l'altro.
«In tutta la mia vita ho fatto un solo film importante, che nessuno ha visto e del quale il pubblico conosce soltanto pochi resti squartati e mutilati». Erich von Stroheim adatta il romanzo McTeague (1899) di Frank Norris e firma la sua opera più ambiziosa e sentita, un capolavoro maledetto e condannato alla distruzione dalla megalomania del suo stesso autore. 470.000 dollari di spese di produzione, 42 rulli di girato (ridotti a 24, poi a 18 e infine a 10 per la durata di 109 minuti, in una versione disconosciuta dal regista), continue liti con il produttore Irving Thalberg, furibonde scenate sul set che portarono gli attori sull'orlo di crisi nervose: tutto contribuisce a celebrare la grandezza di un film fluviale, talmente moderno nella forma e nei contenuti da risultare spiazzante e ipnotico. La tragedia dei McTeague, simbolo di un'umanità avida e corrotta, condannata alla rovina a causa dell'insopprimibile bramosia di denaro, è sviscerata nel pieno rispetto del naturalismo delle pagine di Norris (il realismo della messa in scena è esasperato dal maniacale perfezionismo di Stroheim) ma, allo stesso tempo, scarta mirabilmente di livello con una simbologia sociale (i continui parallelismi tra animali e uomini) e sessuale (incarnata dalla perversa e repressa Trina, erotica solo quando si tratta di andare a letto con monete d'oro). Questa complessa stratificazione è testimoniata dall'uso sopraffino della profondità di campo, con una macchina da presa che suggerisce, senza mostrare apertamente, dettagli fondamentali alla comprensione della vicenda e del destino dei protagonisti. Da antologia la sequenza conclusiva ambientata nella Death Valley, infernale per la troupe, con Jean Hersholt che finì più volte all'ospedale e Stroheim che gridava agli attori «Odiatevi come odiate me!». Tra le varie versioni ne esiste una della durata di circa cinque ore, integrata con didascalie e fotografie di scena che spiegano gli intenti originari del regista.