Turchia, 1896. Stavros (Stathis Giallelis), giovane di famiglia greca, vuole sfuggire alla miseria e alle ingiustizie e parte per Costantinopoli, vivendo infinite vicissitudini prima di realizzare il suo sogno: arrivare in America. A 54 anni, al culmine di una straordinaria carriera (inficiata solo dal fosco episodio della denuncia di alcuni colleghi durante il maccartismo), Kazan si confronta definitivamente con le proprie origini e la storia della sua famiglia. Nato Elias Kazanjoglou e arrivato negli Usa all'età di quattro anni, il cineasta trasfigura l'autentico viaggio dello zio Joe Kazan e il sogno americano della sua gente in questo maestoso affresco storico da lui scritto e prodotto. Girato in gran parte tra Istanbul e la Grecia, è un film-fiume di straordinaria intensità, crudo, visionario, commovente. Non manca qualche lentezza, riscattata comunque da tante sequenze straordinarie: basti citare la rievocazione del genocidio armeno (i massacri hamidiani) e il toccante arrivo al porto di New York. L'odissea infinita di Stavros – volto splendidamente iconico, quello del giovane e sconosciuto Giallelis – riassume la tragedia di un popolo e dei migranti di tutte le generazioni. Per questo, siamo di fronte a un'opera di sconcertante attualità. Oscar alla scenografia di Gene Callahan. È conosciuto anche con il titolo America America.