Dopo essere scampata alla terribile maledizione di Samara, la giornalista Rachel Keller (Naomi Watts) si è trasferita con il figlioletto Aidan (David Dorfman) in una tranquilla cittadina dell'Oregon. Quando anche lì un ragazzino muore dopo aver visionato una videocassetta, Rachel capisce che dovrà lottare ancora una volta con Samara, questa volta decisa più che mai a sottrarle quanto ha di più caro e prezioso al mondo. Esordio hollywoodiano per il padre del J-Horror Hideo Nakata tornato nuovamente sulla sua celebre saga per dirigere il sequel di The Ring (2002) di Gore Verbinski. Relegata la maledizione della videocassetta ai primi minuti della pellicola — come peraltro già accaduto in The Ring 2 (1999) di cui questo non si può comunque considerare un remake — Nakata rinuncia al terrore puro e irrazionale del prototipo scegliendo di rifarsi a un più generico cinema di possessione demoniaca (i modelli sono Rosemary's Baby del 1968 di Roman Polanski, L'esorcista del 1973 di William Friedkin e Il presagio del 1976 di Richard Donner). Più affine al suo Dark Water (2002) che a The Ring — simbolismi in comune a parte, è anche questa una storia sulla difficoltà di essere madre — il film fallisce nel momento stesso in cui decide di dare risposte razionali ai quesiti rimasti in precedenza efficacemente irrisolti. Le suggestioni sono poche e la noia dilaga.