Lou Bloom (Jake Gyllenhaal) sta cercando un nuovo lavoro. Quando assiste a un incidente stradale per puro caso, lo riprende con una videocamera e viene smosso da un'idea: perché non vendere le scene più impressionanti ai network televisivi, dopo averle filmate in modo aggressivo e non ufficiale, senza andare troppo per il sottile?

La pellicola d'esordio di Dan Gilroy (fratello di Tony) è un livido e suggestivo apologo metropolitano il cui massimo punto di forza è Jake Gyllenhaal: in forma smagliante e in grado di incarnare il suo personaggio in modo spiritato e nevrotico, restituendo in maniera paranoica ed elettrizzante tutte le sfaccettature, comprese le scorribande notturne alla ricerca di materiale fresco da filmare, che diventa una macabra dipendenza compulsiva da cui è impossibile guarire. Un film che affronta la tendenza contemporanea a produrre autonomamente informazione, il cosiddetto citizen journalism, cavalcando il confine ambiguo e controverso tra lecito e illecito, tra morale e immorale: niente di nuovo, in un certo senso, ma il disegno complessivo colpisce. Fondamentale il contributo della fotografia di Robert Elswit, capace di esaltare in ogni inquadratura una Los Angeles notturna squarciata dalle luci al neon. Notevole Rene Russo, spietato ma vulnerabile capo del network televisivo. Il finale, agghiacciante e perfetto, compensa qualche ridondanza di troppo nella seconda parte. Sceneggiatura (del regista) nominata all'Oscar.