Qualche anno dopo la Seconda guerra mondiale, gli abitanti di un villaggio giapponese provano a far fronte alle difficoltà economiche e alla devastazione della loro terra. Le vite di una giovane donna e di un piccolo orfano si intrecceranno con quelle di un soldato e altri personaggi non propriamente affidabili.

Dopo l'esperienza di Fires on the Plain (2014) e Killing (2018), il regista giapponese Shin'ya Tsukamoto continua a lavorare sul tema della guerra, questa volta non mostrandola esplicitamente ma concentrandosi sulle terribili ferite (fisiche, societarie e affettive) lasciate dal conflitto. Shadow of Fire, come si può intuire dal titolo, è un dramma cupo e tenebroso, dove il focolaio domestico (in tutti i sensi) diventa il palcoscenico di un incubo grottesco e minaccioso dal quale voler scappare invece che un rifugio felice al quale fare ritorno. Costringendo i suoi personaggi a un tour de force claustrofobico e snervante, il cineasta confeziona un film potente e spaventoso, lavorando egregiamente con il fuori campo, i tagli dell'inquadratura e un apparato sonoro di impatto. Peccato però per la sensazione di un film non sempre coeso al punto giusto, con qualche lieve calo nella parte centrale rispetto alle bellissime prime sequenze. Probabilmente siamo lontani dalle vette della carriera dell'autore, ma si tratta di un film di tutto rispetto in grado di scuotere e lasciare il segno. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti.