Andrew Wyke (Michael Caine), famoso scrittore di libri gialli, vive fuori Londra in una villa del XIX° secolo tecnologicamente all'avanguardia. La moglie l'ha lasciato per andare a vivere con Milo Tindle (Jude Law), un attore squattrinato. Il romanziere invita l'amante della compagna a casa sua, dove, in un crescendo di dialoghi surreali, la situazione degenera tra violenze e umiliazioni. Tratto dall'omonima pièce teatrale di Anthony Shaffer, già portata sullo schermo da Joseph L. Mankiewicz nel 1972, con Laurence Olivier e lo stesso Caine protagonisti, l'opera è costruita come un serrato gioco a due, con due personaggi ben definiti impegnati a superare i propri limiti. Il confronto tra le due trasposizioni è impietoso: a salvare questo remake sono le buone interpretazioni dei protagonisti, i quali reggono bene l'evolversi del loro ambiguo rapporto, sollevando continuamente dubbi sulle reali intenzioni nascoste in ogni gesto o frase pronunciata. Branagh dietro la macchina da presa svolge con diligenza il proprio compitino, utilizzando molte inquadrature dall'alto o da posizioni inusuali. I debiti con il capolavoro del 1972 sono evidenti, ma il regista britannico si sforza di aggiornarne la messa in scena. Buona gestione dello spazio fisico e continuo spostamento del punto di vista, attraverso l'uso di schermi e specchi che, alla lunga, può apparire fin troppo cerebrale. Nel film di Mankiewicz, Michael Caine interpretava il ruolo che qui è andato a Jude Law.