In un paese del Nord della Spagna, la piccola Estrella (Sonsoles Aranguren) vive insieme alla madre Julia (Lola Cardona) e al padre Agustin (Omero Antonutti), medico e rabdomante. Affascinata della figura paterna, la bambina cerca di penetrare il mistero che avvolge la sua giovinezza, vissuta al Sud. Secondo lungometraggio per Erice, a distanza di dieci anni dal fortunato esordio Lo spirito dell'alveare, estremamente affascinante ma altrettanto difficile da valutare nella sua interezza. Nelle intenzioni del cineasta basco sarebbe dovuto essere un grande romanzo proustiano sul tempo, con al centro l'insondabile legame tra padre e figlia. Soltanto metà di quello che Erice aveva scritto fu però effettivamente girato, a causa di difficoltà sorte nei finanziamenti con l'emittente televisiva iberica che produceva il film. Condannando l'opera a una fatale menomazione, questo drammatico incidente produttivo, caso tra i più clamorosi nella storia del cinema, ha comunque finito, nel bene e nel male, per determinarne la forma definitiva: il girato, sulla base di accordi legali, fu regolarmente montato da Erice e presentato in concorso al Festival di Cannes riscuotendo un ottimo successo, ma le riprese non furono mai completate. Quel Sud che sarebbe stato protagonista nella seconda parte (mancante) ambientata in Andalusia, rimane così un'immagine solo evocata da una cartolina, il fantasma di un passato perduto per sempre. Come nella sua opera precedente, è attraverso lo sguardo dell'infanzia che Erice sceglie di raccontare la sua storia: nei bambini è ancora possibile lo stupore e la perdita dell'innocenza, sempre connaturata al cinema, resta la soglia liminare da oltrepassare per diventare adulti.