Peppino Barbacane (Peppino De Filippo), segretario comunale di un paesino meridionale, viene mandato a Roma dal nonno per convincere i politici a deviare il tracciato di un'autostrada perché passi per le proprie terre. Lì Peppino troverà suo cugino Antonio (Totò), incaricato tempo prima dello stesso compito ma ormai abbandonatosi ai piaceri della “dolce vita”.

Le prime sequenza del film, girato sfruttando i veri set di Fellini che aveva ricostruito Via Veneto l'anno prima, furono dirette da Camillo Mastrocinque che venne però sostituito qualche giorno dopo da Corbucci. Oggetto della parodia sono qui soprattutto la prima parte de La dolce vita (1960) e la famosa sequenza delle “orge”. Ma è evidente che ben presto il meccanismo è lasciato del tutto nelle mani di Totò e De Filippo, che aggiornano ancora una volta i loro duetti, riuscendo ad assestare alcune sequenza riuscite seppur inserite in uno schema che ormai inizia a segnare più di qualche stanchezza: il convinto viveur Antonio tenta di inserire a forza il cugino provincialotto in un mondo che crede di dominare e che invece lui per primo non capisce. Curiosamente, proprio come il prototipo, anche il film di Corbucci ebbe problemi con la censura: alcune sequenze infatti non videro mai il buio della sala. Nonostante ciò, la comica ruota comunque intorno una velata aura di vizio, seppure bonaria e addolcita dalla presenza del familiare duo.