Tutto il mio folle amore
2019
Paese
Italia
Genere
Drammatico
Durata
97 min.
Formato
Colore
Regista
Gabriele Salvatores
Attori
Claudio Santamaria
Valeria Golino
Diego Abatantuono
Giulio Pranno
Daniel Vivian

Trieste. Vincent (Giulio Pranno) ha 16 anni e un grave disturbo della personalità, con il quale sua madre Elena (Valeria Golino) si confronta da sempre. Col tempo ad aiutare Elena nell'impresa è sopraggiunto suo marito Mario (Diego Abatantuono), che ha imparato a voler bene a Vincent come a un figlio e l'ha adottato legalmente. Ma, quando sulla scena irrompe Willi (Claudio Santamaria), il padre naturale del ragazzo che ha abbandonato lui ed Elena alla notizia della gravidanza, quel poco di equilibrio che si era instaurato con un figlio gestibile a stento si rompe, e Vincent trova la via di fuga che cercava: si infila nel furgone di Willi, cantante da matrimoni e da balere soprannominato "il Modugno della Dalmazia", ora diretto verso una tournée nei Balcani.


Gabriele Salvatores non ha mai smesso, nel corso della sua lunga carriera, di sperimentare e di battere strade accidentate e rischiose, che hanno portato la sua filmografia verso direzioni spesso inattese e imprevedibili. Il regista napoletano, ma milanese d’adozione, lo fa anche in questo caso, dirigendo Tutto il mio folle amore a partire dal romanzo Se ti abbraccio non aver paura di Fulvio Ervas, da lui stesso adattato insieme a Umberto Contarello e Sara Mosetti. Il risultato coincide purtroppo però con quello che è probabilmente il nadir della sua produzione: Tutto il mio folle amore è infatti un film sulla carta coraggioso, per quanto prossimo al compromesso stucchevole ed edificante tipico di tanti racconto sulla malattia mentale, ma negli esiti totalmente sgangherato e scombiccherato, con una tendenza a giocare d’accumulo che lascia di sasso per l’inefficacia di scrittura e messa in scena e per la controproducente vena grottesca, lasciata andare a briglia sciolta e sotto i cui colpi tutta l’operazione finisce col naufragare  mestamente inabissandosi a ripetizione. Il road movie impostato dal regista premio Oscar nel 1992 per Mediteranneo è infatti un interminabile successione di simil-sketch e situazioni rabberciate che non riescono mai e poi mai a restituire emozione e commozione, senso dell’avventura e vicinanza ritrovata tra un padre e un figlio. Il furore visionario di tante sceneggiature di Contarello, collaboratore abituale di Paolo Sorrentino, fa a pugni con un family movie in terra straniera che tenta di giocarsi la carta dell’evasione onirica ma produce solo alzate di sopracciglio, soprattutto a causa di un copione che si dimentica fin dal principio di delineare i personaggi abbandonandoli in scioltezza a un fuoco di fila di “trovate” approssimative e caotiche, in cui è il situazionismo scollato da ogni necessità espressiva e narrativa a farla da padrone. Le azioni degli attori della vicenda e il contesto in cui si muovono appare in più di un’occasione inspiegabile e la sensazione generale è quella di ritrovarsi di fronte alla parodia cinematografica di una versione fumettistica e filiale di Rain Man (1988). Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2019.








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