In un tempo indeterminato, Hans Bohm (Michael König), un predicatore, è fiancheggiato da un gruppo di persone che si sposta di porta in porta provando a persuadere contadini e persone di umili origini della bontà delle proprie istanze rivoluzionarie.
Co-diretto con Michael Fengler, è uno dei Fassbinder più insoliti ma anche in assoluto più dimenticabili. L'analisi della fenomenologia di una rivoluzione, intavolando un discorso generale a partire da un fatto del XV secolo, non è assolutamente nelle corde del regista, per lo meno non in termini così smaccati e lapalissiani: quello del marxismo è un demone instabile, che attraversa in modo più sotterraneo le psicologie dei personaggi del regista. In questo caso, invece, il tema è trattato in maniera pedestre e spezzettata, per non parlare della messa in scena, declamatoria e a tratti mortificante. Il viaggio a Niklashausen è davvero una brutta prova del regista de Le lacrime amare di Petra von Kant (1972) e Veronika Voss (1982).