Aimer, boire et chanter
Aimer, boire et chanter
2014
Mubi
Paese
Francia
Genere
Commedia
Durata
108 min.
Formato
Colore
Regista
Alain Resnais
Attori
Sabine Azéma
Hippolyte Girardot
Caroline Sihol
Michel Vuillermoz
André Dussollier
Sandrine Kiberlain
Colin (Hippolyte Girardot) svela alla moglie Kathryn (Sabine Azéma) che al suo paziente George rimangono solo pochi mesi di vita, ignorando che quest'ultimo è stato il primo amore della sua compagna. Decisi a stargli vicino, i due coniugi, che fanno parte di una troupe teatrale, provano a convincere George a unirsi a loro nelle prove di un nuovo spettacolo.
Ultimo lungometraggio firmato Alain Resnais, grande autore di capolavori come Hir, mon amour (1959) e L'anno scorso a Marienbad (1961). Il regista francese, che morirà circa un mese dopo la presentazione del film al Festival di Berlino, sceglie nuovamente una pièce di Alan Ayckbourn, dalle cui opere aveva già preso spunto per Smoking/No Smoking (1993) e Cuori (2006). Se la trama può far pensare a un dramma un po' melenso, le aspettative vengono immediatamente ribaltate: il film è un divertissement scanzonato, nonostante gli argomenti proposti siano tutt'altro che leggeri, interamente giocato sul sottile confine tra realtà e finzione. La malattia di George (personaggio che non viene mai mostrato sullo schermo) diventa occasione per Colin e Kathryn, ma non solo per loro, di ripensare alla propria esistenza, ai rimpianti del passato e ai legami che hanno maturato nel corso degli anni. Notevole l'inizio e toccante il finale: si nota qualche calo nella parte centrale e una certa ridondanza che, però, non intaccano la riuscita complessiva dell'opera. Nell'anno in cui avrebbe spento novantadue candeline, Alain Resnais continua a giocare e a sperimentare con la con la macchina da presa, con uno sguardo intellettuale e divertito al tempo stesso, rigoroso nella messinscena e anarchico nelle trovate, come dimostra la presenza di una talpa che fa spesso capolino durante la visione. Premiato a Berlino con l'Afred Bauer Award, riconoscimento che viene tributato al contributo più innovativo della kermesse.
Ultimo lungometraggio firmato Alain Resnais, grande autore di capolavori come Hir, mon amour (1959) e L'anno scorso a Marienbad (1961). Il regista francese, che morirà circa un mese dopo la presentazione del film al Festival di Berlino, sceglie nuovamente una pièce di Alan Ayckbourn, dalle cui opere aveva già preso spunto per Smoking/No Smoking (1993) e Cuori (2006). Se la trama può far pensare a un dramma un po' melenso, le aspettative vengono immediatamente ribaltate: il film è un divertissement scanzonato, nonostante gli argomenti proposti siano tutt'altro che leggeri, interamente giocato sul sottile confine tra realtà e finzione. La malattia di George (personaggio che non viene mai mostrato sullo schermo) diventa occasione per Colin e Kathryn, ma non solo per loro, di ripensare alla propria esistenza, ai rimpianti del passato e ai legami che hanno maturato nel corso degli anni. Notevole l'inizio e toccante il finale: si nota qualche calo nella parte centrale e una certa ridondanza che, però, non intaccano la riuscita complessiva dell'opera. Nell'anno in cui avrebbe spento novantadue candeline, Alain Resnais continua a giocare e a sperimentare con la con la macchina da presa, con uno sguardo intellettuale e divertito al tempo stesso, rigoroso nella messinscena e anarchico nelle trovate, come dimostra la presenza di una talpa che fa spesso capolino durante la visione. Premiato a Berlino con l'Afred Bauer Award, riconoscimento che viene tributato al contributo più innovativo della kermesse.
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