America Latina
2021
Paesi
Italia, Francia
Genere
Thriller
Durata
90 min.
Formato
Colore
Registi
Damiano D'Innocenzo
Fabio D'Innocenzo
Attori
Elio Germano
Astrid Casali
Sara Ciocca
Maurizio Lastrico
Carlotta Gamba
Federica Pala
Filippo Dini
Massimo Wertmüller
Latina: paludi, bonifiche, centrali nucleari dismesse, umidità. Massimo Sisti (Elio Germano) è il titolare di uno studio dentistico che porta il suo nome. Professionale, gentile, pacato, ha conquistato tutto ciò che poteva desiderare: una villa immersa nella quiete e una famiglia che ama e che lo accompagna nello scorrere dei giorni, dei mesi, degli anni. Ma l’assurdo è dietro l’angolo, pronto a irrompere nella sua vita.
Giunti alla loro opera terza, i gemelli Fabio e Damiano D’Innocenzo spingono ancora oltre le ambizioni del loro cinema realizzando una sorta di controcampo (ancor più oscuro e malsano) del film immediatamente precedente, Favolacce (2020), discostandosi ulteriormente dall’immediata leggibilità della parabola dolente e livida tratteggiata nel loro esordio La terra dell’abbastanza (2018). Nel ruolo del protagonista c’è ancora Elio Germano, che se in Favolacce vestiva i panni di un padre di famiglia contrassegnato da una mascolinità ottusa e respingente, qui ne interpreta un altro molto più sfaccettato e contraddittorio, un dentista dalla psiche insondabile e impenetrabile che i registi maneggiano facendosi largo in un oceano di dettagli perturbanti disseminati con disturbante, quieta e reiterata ostinazione. Rispetto al film precedente, però, l’attenzione si sposta dal collettivo all’individuale, dando allo spettatore il punto di vista del personaggio di Elio Germano, credibile anche in un ruolo tanto complesso. Parte bene America Latina con un inizio che regala in breve tempo un notevole colpo di scena che porta il pubblico a interessarsi velocemente alla storia raccontata. Se il soggetto di partenza è affascinante, meno compatto è invece l’andamento narrativo generale, con una sceneggiatura che si sgonfia alla distanza, risultando poco coinvolgente col passare dei minuti ed eccessivamente forzata con l’approssimarsi della conclusione. I D’Innocenzo vogliono creare degli shock, infastidire il pubblico e far guardare gli spettatori all’interno di loro stessi, ma in questo caso il gioco è eccessivamente costruito e rischia di sfiorare la maniera, soprattutto in diversi passaggi della parte centrale. Seppur in questo caso non sia espresso fino in fondo, il talento dei due registi resta evidente, anche grazie ad alcune bellissime inquadrature che, con lievi movimenti della macchina da presa e altrettanto delicate sonorità, riescono a creare una fortissima dose d’inquietudine. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2021.
Giunti alla loro opera terza, i gemelli Fabio e Damiano D’Innocenzo spingono ancora oltre le ambizioni del loro cinema realizzando una sorta di controcampo (ancor più oscuro e malsano) del film immediatamente precedente, Favolacce (2020), discostandosi ulteriormente dall’immediata leggibilità della parabola dolente e livida tratteggiata nel loro esordio La terra dell’abbastanza (2018). Nel ruolo del protagonista c’è ancora Elio Germano, che se in Favolacce vestiva i panni di un padre di famiglia contrassegnato da una mascolinità ottusa e respingente, qui ne interpreta un altro molto più sfaccettato e contraddittorio, un dentista dalla psiche insondabile e impenetrabile che i registi maneggiano facendosi largo in un oceano di dettagli perturbanti disseminati con disturbante, quieta e reiterata ostinazione. Rispetto al film precedente, però, l’attenzione si sposta dal collettivo all’individuale, dando allo spettatore il punto di vista del personaggio di Elio Germano, credibile anche in un ruolo tanto complesso. Parte bene America Latina con un inizio che regala in breve tempo un notevole colpo di scena che porta il pubblico a interessarsi velocemente alla storia raccontata. Se il soggetto di partenza è affascinante, meno compatto è invece l’andamento narrativo generale, con una sceneggiatura che si sgonfia alla distanza, risultando poco coinvolgente col passare dei minuti ed eccessivamente forzata con l’approssimarsi della conclusione. I D’Innocenzo vogliono creare degli shock, infastidire il pubblico e far guardare gli spettatori all’interno di loro stessi, ma in questo caso il gioco è eccessivamente costruito e rischia di sfiorare la maniera, soprattutto in diversi passaggi della parte centrale. Seppur in questo caso non sia espresso fino in fondo, il talento dei due registi resta evidente, anche grazie ad alcune bellissime inquadrature che, con lievi movimenti della macchina da presa e altrettanto delicate sonorità, riescono a creare una fortissima dose d’inquietudine. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2021.
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