Partendo dall'avvento del fascismo, il film ripercorre le tappe più significative della storia del nostro Paese attraverso le esperienze di tre generazioni vissute nel comune palermitano di Bagheria (Baarìa in siciliano). “Peppino” Torrenuova (Francesco Scianna) e “Mannina” Scalìa (Margareth Madè) crescono e si innamorano tra le vie di questo paese, mentre intorno a loro la Sicilia sta cambiando.
Opera autobiografica che vuole essere una dichiarazione d'amore e un omaggio affettuoso alla propria terra (e, soprattutto, al proprio paese natale), Baarìa rimane un patinato affresco vittima delle proprie ambizioni di saga onnicomprensiva. Pur muovendo da buoni propositi, derivanti dall'altissimo budget (28.000.000 euro stimati) e da un notevole cast, la pellicola delude per l'eccesso di patetismo, la visione edulcorata da amarcord nazional-popolare, le ambiguità nell'omettere gli aspetti più scomodi (mafia in primis). Più complesso e strutturato nella forma (barocca e avvolgente) che nel contenuto, il film riesce in ogni caso a restituire i mutamenti sociali, economici e politici (e anche strutturali!) avvenuti in Sicilia nel corso di metà secolo. Tornatore firma una sceneggiature che spesso eccede in romanticismo nel tentativo di mantenere in risalto la storia d'amore tra Peppino e Mannina nell'immensità degli avvenimenti storici di Bagheria, vera protagonista del film. Nota stonata: la sequenza onirica conclusiva, per quanto affascinante e visivamente d'effetto, appare un tentativo posticcio di raggiungere quell'afflato poetico rincorso per tutto il film. David di Donatello alla miglior colonna sonora (Ennio Morricone) e nomination al Golden Globe come miglior film straniero. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.