Le storie di tre giovani (Antonio Petruzzi, Stefano Satta Flores, Sergio Ferranino) e dei loro indolenti pomeriggi passati in un piccolo paese del Sud, Minervino Murge. Quando l'occasione di emigrare arriva per uno di loro, scegliere di cambiare vita non sarà affatto facile.
Esordio assoluto sul grande schermo per Lina Wertmüller, anche soggettista e sceneggiatrice. Reduce dal film 8 ½ (1963), in cui lavorò come aiuto regista, l'autrice dimostra di avere assimilato la lezione felliniana (non è certo casuale la scelta di Gianni Di Venanzo come direttore della fotografia, ed è inevitabile andare con la memoria a un'altra pellicola del cineasta riminese: I vitelloni del 1953) e denuncia con sguardo corrosivo e impietoso la rassegnazione di una gioventù condannata all'immobilismo della provincia: significativa la metafora cui si riferisce il titolo, con i protagonisti bloccati a pavoneggiarsi sul nulla, indifferenti al dovere di cambiare ed evolversi. La verve grottesca che sarebbe divenuta marchio di fabbrica tipicamente wertmülleriano negli anni a venire, latita e il ritmo è a tratti agonizzante, ma i robusti intenti di satira sociale e la brillante composizione delle scene, supportata da un funzionale bianco e nero, colpiscono nel segno: un film imperfetto, ma onesto e di rara coerenza. Di grande impatto emotivo la sequenza finale, la cui forza è enfatizzata dalla colonna sonora di Ennio Morricone.