Detenuto in attesa di giudizio
1971
Paese
Italia
Genere
Drammatico
Durata
102 min.
Formato
Colore
Regista
Nanni Loy
Attori
Alberto Sordi
Elga Andersen
Lino Banfi
Antonio Casagrande
Mario Pisu
Gianni Bonagura
Giuseppe Di Noi (Alberto Sordi) si è trasferito in Svezia, dove svolge la professione di geometra e vive con la moglie (Elga Andersen) e i figli. Per le vacanze torna in Italia ma, appena passata la frontiera, viene arrestato senza saperne il motivo. È solo l'inizio di un'odissea da incubo tra carceri e umiliazioni.
Il film nasce su una suggestione di Alberto Sordi, che aveva letto Operazione Montecristo, scritto da Lelio Luttazzi durante la sua incarcerazione, e ne era rimasto colpito. L'arretratezza della giustizia italiana, il degrado degli istituti di detenzione nazionali, dietro le cui mura si nascondono storie di abusi e sadismo, la lentezza e la fallacia di un sistema giudiziario arrugginito e incomprensibile: sono tutti temi toccati da una pellicola che mostra un violento cambio di prospettive per il protagonista, da nostalgico del Bel Paese a vittima di un incubo kafkiano. La regia di Nanni Loy denuncia senza paura un mondo finora lasciato ai margini, di cui tutti sanno ma di cui nessuno si interessa, e la brutalità dell'esperienza carceraria viene sottolineata da paesaggi suggestivi in stridente contrasto con la condizione dei prigionieri: ne è un esempio la sequenza nel carcere di Segunto, vicino al mare, in cui i detenuti passano la loro ora d'aria camminando in limitatissimi triangoli cementati. Alberto Sordi offre una delle sue interpretazioni più intense nel ruolo del protagonista, aggiudicandosi l'Orso d'argento a Berlino e il David di Donatello. Triste e sorprendente constatare come la realtà raccontata da Loy sia ancora applicabile alle condizioni odierne del diritto penale e dei suoi istituti.
Il film nasce su una suggestione di Alberto Sordi, che aveva letto Operazione Montecristo, scritto da Lelio Luttazzi durante la sua incarcerazione, e ne era rimasto colpito. L'arretratezza della giustizia italiana, il degrado degli istituti di detenzione nazionali, dietro le cui mura si nascondono storie di abusi e sadismo, la lentezza e la fallacia di un sistema giudiziario arrugginito e incomprensibile: sono tutti temi toccati da una pellicola che mostra un violento cambio di prospettive per il protagonista, da nostalgico del Bel Paese a vittima di un incubo kafkiano. La regia di Nanni Loy denuncia senza paura un mondo finora lasciato ai margini, di cui tutti sanno ma di cui nessuno si interessa, e la brutalità dell'esperienza carceraria viene sottolineata da paesaggi suggestivi in stridente contrasto con la condizione dei prigionieri: ne è un esempio la sequenza nel carcere di Segunto, vicino al mare, in cui i detenuti passano la loro ora d'aria camminando in limitatissimi triangoli cementati. Alberto Sordi offre una delle sue interpretazioni più intense nel ruolo del protagonista, aggiudicandosi l'Orso d'argento a Berlino e il David di Donatello. Triste e sorprendente constatare come la realtà raccontata da Loy sia ancora applicabile alle condizioni odierne del diritto penale e dei suoi istituti.
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