Là dove scende il fiume
Bend of the River
1952
Paese
Usa
Genere
Western
Durata
87 min.
Formato
Colore
Regista
Anthony Mann
Attori
James Stewart
Arthur Kennedy
Rock Hudson
Julie Adams
Jay C. Flippen
Stepin Fetchit
Glyn McLyntock (James Stewart), ex bandito in cerca di redenzione, guida una carovana di pionieri verso l'Oregon e, lungo la strada, salva la vita all'ambiguo Cole (Arthur Kennedy). Giunti alla meta, la situazione si complica: Glyn deve trasportare un carico di viveri ai coloni, ma viene ostacolato da avventurieri e cercatori d'oro, mentre Cole mostra a tutti la sua vera natura.
Il secondo dei cinque western che segnano la collaborazione tra Anthony Mann e James Stewart conferma le potenzialità di uno dei sodalizi artistici più riusciti del cinema americano, un legame capace di cambiare alle fondamenta i connotati di un intero genere come il western e di donargli in egual misura verità, modernità, palpiti e conflitti. Con la sua recitazione nevrotica, così antiaccademica, spigolosa e fragile rispetto alla monolitica e impassibile precisione gestuale di altre granitiche icone maschili del cinema western, Stewart regala intense sfumature a personaggi sempre caratterizzati da tormenti interiori e conflitti irrisolti, in un universo di pungente realismo dove i confini tra Bene e Male non sono mai netti e i fantasmi etici e morali si dibattono dentro la medesima persona, delineando scenari individuali inediti, all'insegna di profonde scissioni e laceranti dilemmi: un'innovazione non da poco, che il cinema di Mann dà per acquisita elevandola a livelli massimi di spessore. Lo sfondo è, però e nonostante tutto, naturalmente epico, ma senza risparmiarsi anche in questo caso sulle zone d'ombra: Mann racconta la conquista dell'estremo Ovest e la nascita di una nazione senza tuttavia tralasciarne gli aspetti più controversi (la corsa all'oro e le tragiche conseguenze dell'avidità umana); volontà che ben si sposa con lo spirito mai pacificato e semplificatorio dell'autore. Il senso dell'avventura e la rappresentazione visiva dello spazio sono notevoli, ma il nucleo centrale del film sono, ancora una volta e fedelmente a una precisa scelta di campo, le dinamiche tra i personaggi, che conoscono il loro apice nella resa dei conti finale e che anche lungo il percorso sono attraversate da dialettiche relazionali di imprescindibile complessità. Ottima sceneggiatura di Borden Chase, anche lui sodale del regista, che si ispira al romanzo Bend of the Snake di Bill Gulick.
Il secondo dei cinque western che segnano la collaborazione tra Anthony Mann e James Stewart conferma le potenzialità di uno dei sodalizi artistici più riusciti del cinema americano, un legame capace di cambiare alle fondamenta i connotati di un intero genere come il western e di donargli in egual misura verità, modernità, palpiti e conflitti. Con la sua recitazione nevrotica, così antiaccademica, spigolosa e fragile rispetto alla monolitica e impassibile precisione gestuale di altre granitiche icone maschili del cinema western, Stewart regala intense sfumature a personaggi sempre caratterizzati da tormenti interiori e conflitti irrisolti, in un universo di pungente realismo dove i confini tra Bene e Male non sono mai netti e i fantasmi etici e morali si dibattono dentro la medesima persona, delineando scenari individuali inediti, all'insegna di profonde scissioni e laceranti dilemmi: un'innovazione non da poco, che il cinema di Mann dà per acquisita elevandola a livelli massimi di spessore. Lo sfondo è, però e nonostante tutto, naturalmente epico, ma senza risparmiarsi anche in questo caso sulle zone d'ombra: Mann racconta la conquista dell'estremo Ovest e la nascita di una nazione senza tuttavia tralasciarne gli aspetti più controversi (la corsa all'oro e le tragiche conseguenze dell'avidità umana); volontà che ben si sposa con lo spirito mai pacificato e semplificatorio dell'autore. Il senso dell'avventura e la rappresentazione visiva dello spazio sono notevoli, ma il nucleo centrale del film sono, ancora una volta e fedelmente a una precisa scelta di campo, le dinamiche tra i personaggi, che conoscono il loro apice nella resa dei conti finale e che anche lungo il percorso sono attraversate da dialettiche relazionali di imprescindibile complessità. Ottima sceneggiatura di Borden Chase, anche lui sodale del regista, che si ispira al romanzo Bend of the Snake di Bill Gulick.
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