Dove la terra scotta
Man of the West
1958
Paese
Usa
Generi
Western, Drammatico
Durata
100 min.
Formato
Colore
Regista
Anthony Mann
Attori
Gary Cooper
Julie London
Lee J. Cobb
Arthur O'Connell
Jack Lord
John Dehner
Royal Dano
Nel selvaggio West, un gruppo di banditi assalta il treno su cui viaggia Link Jones (Gary Cooper), ex fuorilegge divenuto onesto. Con la cantante da saloon Billie Ellis (Julie London) e il baro Sam Beasley (Arthur O'Connell), Link cerca rifugio in una fattoria che si rivela però abitata dagli stessi criminali, guidati dall'ex mentore di Jones, Dock Tobin (Lee J. Cobb).
Tratto da un romanzo di Will C. Brown (The Border Jumpers), Dove la terra scotta è il funereo e autunnale lungometraggio con cui Anthony Mann porta alle estreme conseguenze la sua opera di destrutturazione/rivoluzione del cinema western. In un genere tradizionalmente votato all'azione, il regista lavora su suggestioni provenienti dalla Bibbia e dalla tragedia classica o shakespeariana e su una profonda analisi della violenza insita nella natura umana: la pellicola ci mette un po' a carburare, ma poi cresce alla distanza raggiungendo i suoi momenti migliori nella seconda parte. Nel film, l'epopea si condensa in un monumentale scontro edipico, in una sinfonia della morte tesissima e inesorabile, malsana, a tratti efferata, dove il senso dello spazio si fa elemento fondamentale: grazie alla splendida fotografia di Ernest Haller, gli interni bui e soffocanti da western da camera si alternano agli esterni solari ma desolati, come la simbolica ghost town dello scontro finale. Orfano del suo abituale attore feticcio James Stewart, Mann ne trova il perfetto sostituto in un invecchiato Gary Cooper, che offre – in uno dei suoi ultimi ruoli – un personaggio non meno indimenticabile e sfaccettato del suo Will Kane di Mezzogiorno di fuoco (Fred Zinnemann, 1952). Memorabili anche i villain, con in testa il folle capobanda di un ottimo Lee J. Cobb.
Tratto da un romanzo di Will C. Brown (The Border Jumpers), Dove la terra scotta è il funereo e autunnale lungometraggio con cui Anthony Mann porta alle estreme conseguenze la sua opera di destrutturazione/rivoluzione del cinema western. In un genere tradizionalmente votato all'azione, il regista lavora su suggestioni provenienti dalla Bibbia e dalla tragedia classica o shakespeariana e su una profonda analisi della violenza insita nella natura umana: la pellicola ci mette un po' a carburare, ma poi cresce alla distanza raggiungendo i suoi momenti migliori nella seconda parte. Nel film, l'epopea si condensa in un monumentale scontro edipico, in una sinfonia della morte tesissima e inesorabile, malsana, a tratti efferata, dove il senso dello spazio si fa elemento fondamentale: grazie alla splendida fotografia di Ernest Haller, gli interni bui e soffocanti da western da camera si alternano agli esterni solari ma desolati, come la simbolica ghost town dello scontro finale. Orfano del suo abituale attore feticcio James Stewart, Mann ne trova il perfetto sostituto in un invecchiato Gary Cooper, che offre – in uno dei suoi ultimi ruoli – un personaggio non meno indimenticabile e sfaccettato del suo Will Kane di Mezzogiorno di fuoco (Fred Zinnemann, 1952). Memorabili anche i villain, con in testa il folle capobanda di un ottimo Lee J. Cobb.
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