Europa '51
1952
Paese
Italia
Genere
Drammatico
Durata
113 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Roberto Rossellini
Attori
Ingrid Bergman
Alexander Knox
Ettore Giannini
Giulietta Masina
Sandro Franchina
Antonio Pietrangeli
Roma. Agiata moglie alto-borghese di un ambasciatore, Irene (Ingrid Bergman) piomba in una crisi esistenziale dopo che suo figlio muore in seguito a un tentativo di suicidio. La donna abbandonerà la precedente vita salottiera e intellettuale per entrare in contatto con il mondo delle fabbriche, dei poveri e dei malati.
Seconda pellicola della cosiddetta “trilogia della solitudine” di Roberto Rossellini, ne rappresenta, con ogni probabilità, l'acme formale e tematico, dove la riflessione esistenziale del regista trova più sponde visive coerenti e affascinanti, tornando sui livelli artistici del periodo d'oro neorealista. Se la premessa è simile a quella delle altra due opere del trittico ( Stromboli terra di Dio del 1950 e Viaggio in Italia del 1954), con la Bergman al centro di un progressivo deragliamento psicologico e filosofico, in Europa '51 la solitudine in cui precipita la protagonista diventa una sofferta fuga senza meta dal mito del benessere (quotidiano e intellettuale), dal nascente boom economico e dalla cultura borghese italiana che esso produrrà. Ne esce così un ritratto pessimista e disperato dell'essere umano, soltanto apparentemente inserito in una dinamica sociale e collettiva, ma in realtà solo con i propri demoni. Caratterizzata da un rigore formale unico, con il fascino austero della fotografia di Aldo Tonti che si fonde con l'approccio essenziale di Rossellini, la pellicola acquisisce, a posteriori, ancora più forza e valore intellettuale. Girato in un'epoca in cui la polarizzazione culturale tra comunisti e anti-comunisti raggiungeva probabilmente l'apice, il film riesce ad affrontare le tematiche calde del tempo (la divisione di classe, la cultura borghese, la nascita del proletariato) rimanendo lontanissimo dalla narrativa e dai codici dei due schieramenti ma fedelissimo alla poetica spirituale del suo autore. Al momento dell'uscita venne accolto tiepidamente dalla critica, per poi venire rivalutato dagli esponenti della Nouvelle Vague francese. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
Seconda pellicola della cosiddetta “trilogia della solitudine” di Roberto Rossellini, ne rappresenta, con ogni probabilità, l'acme formale e tematico, dove la riflessione esistenziale del regista trova più sponde visive coerenti e affascinanti, tornando sui livelli artistici del periodo d'oro neorealista. Se la premessa è simile a quella delle altra due opere del trittico ( Stromboli terra di Dio del 1950 e Viaggio in Italia del 1954), con la Bergman al centro di un progressivo deragliamento psicologico e filosofico, in Europa '51 la solitudine in cui precipita la protagonista diventa una sofferta fuga senza meta dal mito del benessere (quotidiano e intellettuale), dal nascente boom economico e dalla cultura borghese italiana che esso produrrà. Ne esce così un ritratto pessimista e disperato dell'essere umano, soltanto apparentemente inserito in una dinamica sociale e collettiva, ma in realtà solo con i propri demoni. Caratterizzata da un rigore formale unico, con il fascino austero della fotografia di Aldo Tonti che si fonde con l'approccio essenziale di Rossellini, la pellicola acquisisce, a posteriori, ancora più forza e valore intellettuale. Girato in un'epoca in cui la polarizzazione culturale tra comunisti e anti-comunisti raggiungeva probabilmente l'apice, il film riesce ad affrontare le tematiche calde del tempo (la divisione di classe, la cultura borghese, la nascita del proletariato) rimanendo lontanissimo dalla narrativa e dai codici dei due schieramenti ma fedelissimo alla poetica spirituale del suo autore. Al momento dell'uscita venne accolto tiepidamente dalla critica, per poi venire rivalutato dagli esponenti della Nouvelle Vague francese. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
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