Roma, quartiere Prati, inizi del '900. Le vicende di una famiglia borghese, filtrata dallo sguardo di Carlo (Emanuele Lamaro da bambino, Andrea Occhipinti da giovane, Vittorio Gassman da adulto): speranze, amori, illusioni e cambiamenti nazionali.
Dopo La terrazza (1980), Ettore Scola torna a dimostrare la sua lucida abilità nel delineare racconti corali. La sceneggiatura, firmata dal regista con Ruggero Maccari e Furio Scarpelli (e la collaborazione di Graziano Diana per i dialoghi), delinea l'evoluzione (o involuzione) di una famiglia simbolo della classe borghese, intrappolata in dinamiche superficiali e cortocircuitanti, chiusa in una sorta di gabbia dorata e indifferente alla storia italiana. Ottime soluzioni visive che tratteggiano lo scorrere del tempo (tema centrale nella filmografia di Scola), con morbide carrellate che garantiscono il dinamismo narrativo, e un cast in buona forma: inaspettatamente funzionale Andrea Occhipinti, magistrale, al solito, Vittorio Gassman. Un affresco malinconico e intimista, in ottimo equilibrio tra privato e pubblico. Stefania Sandrelli è Beatrice, Fanny Ardant è Adriana, Massimo Dapporto è Giulio. Ottima prova di Philppe Noiret nel ruolo di Jean Luc. Musiche di Armando Trovajoli, fotografia di Ricardo Aronovich. Sei David di Donatello, altrettanti Nastri d'Argento, più una nomination agli Oscar del 1988 come miglior pellicola straniera.