Diane Nemerov (Nicole Kidman) è figlia di una ricca famiglia ebrea trapiantata da generazioni a New York. Pur essendo già sposata con Allan Arbus (Ty Burrel), quando un uomo misterioso di nome Lionel Sweeney (Robert Downey Jr.) si trasferisce nell'appartamento accanto al loro, Diane se ne innamora perdutamente, andando contro i canoni e le regole di una società ancora agli albori della modernità.
Steven Shainberg torna a parlare della figura femminile, declinandola all'interno dell'ambito dell'emancipazione sociale: in questo caso, il focus è su Diane Arbus, che grazie a un uomo strampalato e irsuto entra in contatto con un sottobosco di stranezze dalle quali rimarrà completamente irretita, divenendone oltretutto la fotografa per eccellenza. Fur – Un ritratto immaginario di Diane Arbus non solo cerca di dare forma a un periodo della vita della fotografa americana per lo più sconosciuto (e che quindi il regista e gli autori si trovano costretti a immaginare in gran parte, come suggerisce il titolo) ma, come nel precedente Secretary (2002), indaga il labile confine che sussiste tra la dimensione domestica e quella più "libertina" di una donna. Il continuo oscillare tra i due ambiti non dovrebbe raccontare solo la presa di coscienza della protagonista, dunque, ma quella di tutto il genere femminile, con evidenti pretese di universalizzazione. Peccato però che tali ambizioni, già dal canto loro un po' moralistiche, cozzino evidentemente contro i limiti di un film pseudo-intellettuale e compiaciuto, fallimentare e bidimensionale, mai in grado di approfondire le tematiche sulle quali dovrebbe soffermarsi e capace soltanto di dar vita a una parata di freak che nega in partenza qualsiasi riflessione più profonda, limitandosi a strizzare l'occhio a uno spettatore idealmente alla ricerca di “scandalo” dentro una confezione patinata e rassicurante.