Il sorpasso
1962
Paese
Italia
Generi
Drammatico, Commedia
Durata
108 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Dino Risi
Attori
Vittorio Gassman
Catherine Spaak
Jean-Louis Trintignant
Luciana Angiolillo
Claudio Gora
Luigi Zerbinati
Franca Polesello
Roma, ferragosto 1962. Bruno Cortona (Vittorio Gassman) sfreccia per le desolate vie della città con la sua Lancia Aurelia B24, in cerca delle sigarette e di un telefono. Casualmente incontra il giovane studente Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant), che coinvolgerà suo malgrado in un folle viaggio senza meta attraverso la via Aurelia.

Corre veloce senza sosta Bruno Cortona, simbolo di una società ormai preda di un benessere inarrestabile e sferzante che non permette alcun rallentamento. Mai nessuno come Dino Risi ne Il sorpasso è stato in grado di fotografare e scomporre un intero paese attraverso il gioco (ormai svelato) della commedia all'italiana. Un vero e proprio capolavoro costruito forsennatamente a strati: oltre alla più lampante critica sociale, in cui i ristoranti brulicanti e le spiagge che ballano al ritmo di Edoardo Vianello ne sono la più naturale rappresentazione, c'è una radicale e profonda analisi del boom economico. In un momento di opulenza assoluta, Risi riesce attraverso il difficile gioco del contrasto, a giostrare i suoi due personaggi principali affinché rappresentino al meglio il passato, il presente e il futuro della nazione. Il passato è Roberto: studente che, seppur giovane, ha ereditato la propensione al sacrificio e all'abnegazione tipica della generazione dei suoi padri. Una generazione che ha attraversato la guerra, costretta a ricostruire e ad affermarsi attraverso il merito. Il presente è invece Bruno: ormai attempato sciupafemmine intento a vivere senza rimpianti una bella vita fatta di contraddizioni e problemi. Un esempio negativo, arricchito, senza valori ma dotato di faccia tosta e sempre abilissimo nell'arte di sapersi arrangiare. Mentre il futuro, amaro e incredibilmente difficile, aspetta infingardo entrambi i protagonisti dietro una curva stretta e pericolosa. Un agguato che stravolge lo spettatore e che rende ancor più straordinaria una pellicola in grado di prefigurare un avvenire amaro quanto la realtà. Risi grazie alla sua macchina da presa, compie una parabola in cui le varie tappe sono piene di volti (seppur belli come quello di Catherine Spaak) che tendono poi tutti a essere dimenticati, abbandonati rapidamente a 130 km/h. Oltre all'incredibile fotografia di Alfio Contini e alla calzante colonna sonora Riz Ortolani, è insuperabile la prova di Gassman, mai così spassoso nel dar vita a un fastidioso e superficiale gigione, generoso nel mostrare all'anonimo (per ruolo) Trintignant i piaceri della vita. Un personaggio delineato alla perfezione, a cui i soggettisti regalano una caratterizzazione non comune per le commedie dell'epoca. Oltre al lato comico di Bruno (il cui culmine è la storpiatura del nome del domestico dagli atteggiamenti femminili “Occhiofino”, in “Finocchio”), c'è infatti un insospettabile sottostrato più acuto che emerge a sprazzi, in dialoghi all'apparenza banali e rozzi, ma decisamente esemplificativi: «A Robe', che te frega delle tristezze. Lo sai qual è l'età più bella? Te lo dico io qual è. È quella che uno c'ha giorno per giorno. Fino a quando schiatta... si capisce».
Maximal Interjector
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