L'intendente Sanshō
Sanshō dayū
1954
Paese
Giappone
Genere
Drammatico
Durata
124 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Kenji Mizoguchi
Attori
Kinuyo Tanaka
Yoshiaki Hanayagi
Kyōko Kagawa
Akitake Kōno
Masao Shimizu
Eitarō Shindō
Nel Giappone feudale dell'XI secolo, il giovane Zushio (Yoshiaki Hanayagi), figlio di un governatore finito in disgrazia, cresce insieme alla sorella Anju (Kyōko Kagawa) alle dipendenze dell'intendente Sanshō (Eitarō Shindō), ruffiano dei potenti e schiavista senza scrupoli. Zushio saprà però ribaltare un destino già segnato: scappa dalla “prigione” di Sanshō ma tornerà, in veste di governatore, per arrestarlo e abolire la schiavitù. Il suo ultimo desiderio, però, sarà ritrovare sua madre (Kinuyo Tanaka) da cui era stato forzatamente separato diversi anni prima. Tratto da una nota leggenda popolare nipponica, L'intendente Sanshō è una potente parabola umana e politica, dove chi è vessato saprà vendicarsi dei suoi carnefici in nome di una giustizia morale che ancora non apparteneva alla società giapponese dell'epoca. Mizoguchi affila i coltelli e costruisce un'opera di denuncia, ancora oggi attuale, in favore dell'uguaglianza e della misericordia tra i popoli. Il percorso di Zushio è incerto, affronta diversi ostacoli e finisce addirittura per credere che la cosa più giusta da fare sia ingraziarsi i potenti a costo di calpestare i più deboli: sarà grazie alla sorella che ritroverà la retta via e riuscirà a mettere in pratica gli importanti insegnamenti paterni. Potente e fluido dal versante narrativo, il film emoziona anche per l'impressionante forza estetica, in cui la luce della notevole fotografia di Kazuo Miyagawa amplifica le emozioni dei diversi personaggi presenti sulla scena. Diverse le sequenze da citare obbligatoriamente: tra queste, svettano la crudele separazione iniziale tra la madre e i due bambini e il raggelante suicidio di Anju. Anche il finale sulla spiaggia, però, è straziante e indimenticabile. Il film vinse il Leone d'argento alla Mostra di Venezia: il terzo consecutivo per Mizoguchi dopo quelli ottenuti per Vita di O-Haru, donna galante (1952) e I racconti della luna pallida d'agosto (1953).
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