Il giovane James Dean (James Franco), dopo il successo teatrale a New York, giunge a Hollywood dove diventa subito l’idolo ribelle di una nuova generazione di spettatori. Tre film di straordinario successo lo trasformano in un’icona del cinema prima della sua morte a ventiquattro anni. 

La travagliata relazione con Anna Maria Pietrangeli (Valentina Cervi), il conflittuale rapporto con il padre (Michael Moriarty) e con gli studios, macchine da corsa e sprezzo del pericolo: sono questi gli elementi che il film di Mark Rydell mette in luce per poterne rivelare le zone d’ombra. Questo obiettivo viene raggiunto senza alcuna forza drammatica, tutto sembra risolversi (e dissolversi) nella conquista della fama e nella classica antinomia tra successo e felicità. La "vera storia" che si vorrebbe proporre quindi non svela nulla di inedito e il taglio quasi documentaristico sacrifica una più lucida visione sull’animo di James Dean come figura irrisolta. Quindi la scelta è quella di ricondurre tutto (forzatamente) all’ordine: poco spazio al senso di vuoto esistenziale di un ragazzo ambizioso e capace ma privo di radici e di veri affetti, quasi nulla sul processo di autodistruzione del divo, annichilito dai meccanismo mediatici del cinema dell’epoca d’oro. James Franco ha la fisicità giusta e fa del suo meglio per imitare le smorfie e le movenze di Dean ma la sceneggiatura semplicistica rende la sua interpretazione quasi macchiettistica. Inoltre, anche se è sempre interessante assistere alla messa inscena di Hollywood stessa, ai suoi meccanismi messi a nudo, ai suoi dietro le quinte, l'intento qui non è né ludico né veicolo di riflessione. In definitiva, una riuscita mediocre per un soggetto che avrebbe meritato ben altre attenzioni per una più approfondita rappresentazione.