Lucky Luciano
1973
Paesi
Usa, Francia, Italia
Generi
Gangster, Drammatico
Durata
105 min.
Formato
Colore
Regista
Francesco Rosi
Attori
Gian Maria Volonté
Vincent Gardenia
Silverio Blasi
Rod Steiger
Espulso dagli Stati Uniti prima di aver finito di scontare la sua pena, il boss Lucky Luciano (Gian Maria Volonté) torna in Italia. Da Napoli continua a esercitare il monopolio su molti traffici illegali, eludendo ogni controllo grazie a una fitta rete di conoscenze e protezioni.
La terza collaborazione tra Rosi e Volonté si muove nuovamente nella direzione del film d'inchiesta inaugurata con Il caso Mattei (1972), dedicando una monografia a un altro personaggio controverso della storia italiana. La struttura del film, frutto di attente ricerche documentali e parcellizzata in una scansione narrativa a mosaico, ricalca quella dell'opera sul presidente dell'ENI. La chiave scelta da Rosi per raccontare gli ultimi giorni del boss di Lercara Friddi prescinde dalle concessioni classiche al mafia-movie, liquidando sparatorie e violenza in un'unica, splendida, sequenza al ralenti. Tutto il film si gioca invece su sguardi e parole, e sulla dimensione politica di Luciano, che rivela i rapporti di stretta contiguità tra mafia e pezzi dello Stato. Nella sua interpretazione, frutto di un maniacale lavoro di mimesi modellato sul corpo e sul volto del boss siciliano, Volonté inserisce una sottile traccia di grigiore patologico, una infermità del cuore che accompagna il personaggio fino alla fine dei suoi giorni e lo rende eccezionalmente credibile. Se alcune ipotesi storiografiche individuano proprio in Luciano la figura che avrebbe avuto un ruolo decisivo nella strage di Portella della Ginestra e nella eliminazione del bandito Giuliano, appare evidente la volontà di Rosi di annodare con questo ulteriore tassello della sua filmografia un unico, lungo filo invisibile di storia nazionale. Qualche prolissità e una eccessiva mole di rimandi a complesse vicende di cronaca nella trama sono difetti che disturbano solo in piccola parte la complessiva riuscita della pellicola.
La terza collaborazione tra Rosi e Volonté si muove nuovamente nella direzione del film d'inchiesta inaugurata con Il caso Mattei (1972), dedicando una monografia a un altro personaggio controverso della storia italiana. La struttura del film, frutto di attente ricerche documentali e parcellizzata in una scansione narrativa a mosaico, ricalca quella dell'opera sul presidente dell'ENI. La chiave scelta da Rosi per raccontare gli ultimi giorni del boss di Lercara Friddi prescinde dalle concessioni classiche al mafia-movie, liquidando sparatorie e violenza in un'unica, splendida, sequenza al ralenti. Tutto il film si gioca invece su sguardi e parole, e sulla dimensione politica di Luciano, che rivela i rapporti di stretta contiguità tra mafia e pezzi dello Stato. Nella sua interpretazione, frutto di un maniacale lavoro di mimesi modellato sul corpo e sul volto del boss siciliano, Volonté inserisce una sottile traccia di grigiore patologico, una infermità del cuore che accompagna il personaggio fino alla fine dei suoi giorni e lo rende eccezionalmente credibile. Se alcune ipotesi storiografiche individuano proprio in Luciano la figura che avrebbe avuto un ruolo decisivo nella strage di Portella della Ginestra e nella eliminazione del bandito Giuliano, appare evidente la volontà di Rosi di annodare con questo ulteriore tassello della sua filmografia un unico, lungo filo invisibile di storia nazionale. Qualche prolissità e una eccessiva mole di rimandi a complesse vicende di cronaca nella trama sono difetti che disturbano solo in piccola parte la complessiva riuscita della pellicola.
Iscriviti
o
Accedi
per commentare