Ottone o gli occhi non vogliono in ogni tempo chiudersi
Les yeux ne veulent pas en tout temps se fermer, ou Peut-être qu'un jour Rome se permettra de choisir à son tour
1970
Paesi
Germania, Italia
Genere
Drammatico
Durata
89 min.
Formato
Colore
Registi
Danièle Huillet
Jean-Marie Straub
Attori
Adriano Aprà
Anne Brumagne
Ennio Lauricella
Olimpia Carlisi
Anthony Pensabene
Jean-Marie Straub
Anno 69. Il potere è fragile dopo la morte di Nerone. Galba (Ennio Lauricella) è da poco imperatore ma è già vecchio e debole e governa con l’aiuto di tre favoriti. Ottone (Adriano Aprà) spera di ereditare il trono, ma si trova invischiato nei magheggi degli altri politici.
Il primo film a colori per la coppia Straub-Huillet è una trasposizione di una semisconosciuta pièce di Corneille, ambientata durante l’anno dei quattro imperatori, un periodo di profonda instabilità per l’impero romano. Assolutamente fedele a livello testuale e di divisione in atti, la pellicola riesce ad assorbire influenze sia dal teatro classico che dal moderno teatro brechtiano, in una liberissima sperimentazione intellettuale che è la firma tipica dei due cineasti. Con l’esplicita volontà di far conoscere l’opera a un pubblico francofono che non poteva più assistere a una sua messa in scena (l’ultima teatrale datava 1708), la coppia di registi dirige un film attualissimo sul potere morente che si divora per riformarsi uguale a prima. E infatti la prima inquadratura ci trasporta direttamente in uno spazio nero dove le coordinate temporali non hanno poi molta importanza, poiché tese a ripetersi ciclicamente. Ecco quindi che i personaggi in abiti d’epoca girano tra le rovine del Palatino e i giardini di Doria Pamphilj, per una Roma contemporanea e anti-spettacolare, ma comunque altamente affascinante proprio grazie al processo di straniamento che viene messo in pratica dall’assenza di scenografie verosimili. Anche l’anti-naturalità della recitazione rende la parola, prima ancora dell’atto, in posizione focale e ammaglia grazie alla sonorità dei magnifici versi di Corneille, il quale considerava l’opera tra le sue meglio riuscite. Com’è tipico del cinema della coppia, il film non è di facile accesso, ma, qui ancora più che altrove, lo spettatore che accetta di ricevere (ed elaborare) i molteplici e fertilissimi stimoli vedrà del tutto ripagati i suoi sforzi: raramente il cinema politico è stato così radicale e al tempo stesso così lucido.
Il primo film a colori per la coppia Straub-Huillet è una trasposizione di una semisconosciuta pièce di Corneille, ambientata durante l’anno dei quattro imperatori, un periodo di profonda instabilità per l’impero romano. Assolutamente fedele a livello testuale e di divisione in atti, la pellicola riesce ad assorbire influenze sia dal teatro classico che dal moderno teatro brechtiano, in una liberissima sperimentazione intellettuale che è la firma tipica dei due cineasti. Con l’esplicita volontà di far conoscere l’opera a un pubblico francofono che non poteva più assistere a una sua messa in scena (l’ultima teatrale datava 1708), la coppia di registi dirige un film attualissimo sul potere morente che si divora per riformarsi uguale a prima. E infatti la prima inquadratura ci trasporta direttamente in uno spazio nero dove le coordinate temporali non hanno poi molta importanza, poiché tese a ripetersi ciclicamente. Ecco quindi che i personaggi in abiti d’epoca girano tra le rovine del Palatino e i giardini di Doria Pamphilj, per una Roma contemporanea e anti-spettacolare, ma comunque altamente affascinante proprio grazie al processo di straniamento che viene messo in pratica dall’assenza di scenografie verosimili. Anche l’anti-naturalità della recitazione rende la parola, prima ancora dell’atto, in posizione focale e ammaglia grazie alla sonorità dei magnifici versi di Corneille, il quale considerava l’opera tra le sue meglio riuscite. Com’è tipico del cinema della coppia, il film non è di facile accesso, ma, qui ancora più che altrove, lo spettatore che accetta di ricevere (ed elaborare) i molteplici e fertilissimi stimoli vedrà del tutto ripagati i suoi sforzi: raramente il cinema politico è stato così radicale e al tempo stesso così lucido.
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