Possessor
Possessor
2020
Paese
Canada
Generi
Fantascienza, Thriller, Horror
Durata
103 min.
Formato
Colore
Regista
Brandon Cronenberg
Attori
Andrea Riseborough
Christopher Abbott
Jennifer Jason Leigh
Tuppence Middleton
Sean Bean
Rossif Sutherland
Kaniehtiio Horn
Raoul Bhaneja
Durante una serata di gala, una ginnasta accoltella alla gola un importante avvocato senza un apparente motivo. Dietro l’omicidio c’è Tasya Vos (Andrea Riseborough), killer alle dipendenze di un’azienda in possesso di una tecnologia in grado di controllare funzioni motorie e piscologiche di un individuo ospite. Tasya torna alla sua vita cenando con il figlio e l’ex-marito, ma l’ultimo incarico sembra aver smosso qualcosa nel suo profondo. Il nuovo incarico, all’interno di un corpo maschile, rischierà di farle perdere il controllo.
Dopo l’esordio nel 2012 con Antiviral, Brandon Cronenberg firma un nuovo horror fantascientifico portando avanti in maniera coerente il suo lavoro sul genere. La ricerca estetica raggiunge risultati sorprendenti non solo grazie a efficacissimi effetti speciali, ma soprattutto grazie a un’accorta cura cromatica e ad un’inattesa attenzione per l’aspetto architetturale. Gli edifici di Possessor sono solo apparentemente secondari, il correre speculare delle palazzine in mattone rosso a lato della casa di Tasya prefigura l’incombere di spettri che proprio in quell’abitazione prenderanno forma. Se il paragone tra l’intruso e le larve del cibo risulta essere fin troppo esplicito, non va dimenticato che con lo stesso termine inglese (worm) ci si riferisce anche al baco e quindi a un primo stadio di metamorfosi, a un involucro non dissimile dalla ritorta maschera indossata dal personaggio di Christopher Abbott. Se da una parte emerge quindi il parassita, dall’altra prende corpo l’idea di specularità, l’immagine della farfalla che rappresenta sia un ricordo dell’infanzia della protagonista, e quindi un’importantissima coordinata identitaria, sia la doppia vita che è costretta a vivere. Le due pozze di sangue della sequenza conclusiva sembrano riprodurre la forma dell’insetto, disegnando sul parquet un palindromo imperfetto come è del resto il titolo stesso. Cronenberg finisce però per smarrirsi dentro questo suggestivo susseguirsi di immagini, lungo una narrazione che promette moltissimo ma raccoglie poco, ritrovandosi solo parzialmente nel finale. Condividendo la sorte della spettarle Andrea Riseborough, il film sfuma così nell’ambizioso quadro generale andandosi a perdere nell’eccedere di una violenza volta più a un perverso godimento estetico che ad una reale necessità rappresentativa.
Dopo l’esordio nel 2012 con Antiviral, Brandon Cronenberg firma un nuovo horror fantascientifico portando avanti in maniera coerente il suo lavoro sul genere. La ricerca estetica raggiunge risultati sorprendenti non solo grazie a efficacissimi effetti speciali, ma soprattutto grazie a un’accorta cura cromatica e ad un’inattesa attenzione per l’aspetto architetturale. Gli edifici di Possessor sono solo apparentemente secondari, il correre speculare delle palazzine in mattone rosso a lato della casa di Tasya prefigura l’incombere di spettri che proprio in quell’abitazione prenderanno forma. Se il paragone tra l’intruso e le larve del cibo risulta essere fin troppo esplicito, non va dimenticato che con lo stesso termine inglese (worm) ci si riferisce anche al baco e quindi a un primo stadio di metamorfosi, a un involucro non dissimile dalla ritorta maschera indossata dal personaggio di Christopher Abbott. Se da una parte emerge quindi il parassita, dall’altra prende corpo l’idea di specularità, l’immagine della farfalla che rappresenta sia un ricordo dell’infanzia della protagonista, e quindi un’importantissima coordinata identitaria, sia la doppia vita che è costretta a vivere. Le due pozze di sangue della sequenza conclusiva sembrano riprodurre la forma dell’insetto, disegnando sul parquet un palindromo imperfetto come è del resto il titolo stesso. Cronenberg finisce però per smarrirsi dentro questo suggestivo susseguirsi di immagini, lungo una narrazione che promette moltissimo ma raccoglie poco, ritrovandosi solo parzialmente nel finale. Condividendo la sorte della spettarle Andrea Riseborough, il film sfuma così nell’ambizioso quadro generale andandosi a perdere nell’eccedere di una violenza volta più a un perverso godimento estetico che ad una reale necessità rappresentativa.
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