Acerrimi nemici della Federazione Unita dei Pianeti, i Borg (creature in parte organiche, in parte cibernetiche) puntano alla distruzione dell'umanità attraverso la sua “assimilazione”: ovvero, tutti quanti saranno trasformati in esseri come loro. Per farlo, tornano indietro nel tempo, al momento del primo contatto tra umani e alieni. A Picard (Patrick Stewart) e ai suoi uomini il difficilissimo compito di fermarli. Secondo capitolo della saga filmica tratta dalla serie tv Star Trek: The Next Generation, recupera da questa, oltre ai protagonisti, anche i villain più celebri e temibili. I Borg sono i cattivi ideali in un'epoca in cui l'orizzonte politico è cambiato: così come nella realtà, la Guerra fredda è finita e, sullo schermo, i Klingon non sono più nemici, tanto che vediamo uno di loro, Worf (Michael Dorn), addirittura nell'equipaggio dell'Enterprise. Ma la scelta di sostituire i classici avversari alieni con nemici semi-robotici privi di ogni umanità deriva anche dalla forte influenza esercitata sul genere fantascientifico dalla cultura cyberpunk. Gli elementi migliori del film sono proprio le scene con i Borg, le scenografie dark, la dialettica carne-macchina. Molto meno riuscite appaiono invece le sequenze ambientate sulla Terra del XXI secolo, così come banale è l'approfondimento psicologico del personaggio di Picard. La somma di questi addendi porta a un risultato discontinuo, l'ennesimo pastrocchio “strartrekkiano” apprezzabile pienamente solo dai fan. Dirige Jonathan Frakes, anche interprete del personaggio del “numero uno” William Riker.