L'aspirante comico Rupert Pupkin (Robert De Niro) è un fan sfegatato dell'anchorman Jerry Langford (Jerry Lewis), tanto da arrivare a sequestrarlo, pur di riuscire ad andare in onda nel suo show.
La profezia di Andy Warhol secondo cui un giorno tutti avrebbero avuto il loro quarto d'ora di celebrità sembra essere lo spunto che ha dato a Martin Scorsese il la per confezionare questa satira agrodolce del mondo dell'entertainment, che ironizza sull'esasperato fanatismo imperante attorno agli “eroi” mediatici e sulla vacuità del sistema televisivo. Tanta amarezza e poca comicità in un film da cui era lecito aspettarsi più ferocia e che rappresenta un passo indietro nella carriera del regista, nonché, all'epoca, un grande flop commerciale. Restano comunque bei momenti, come il finto spettacolo nel quale Pupkin si esibisce davanti a pubblico e ospiti di cartone. Il grande Jerry Lewis interpreta in sottrazione la maschera di se stesso, mentre Robert De Niro (affiancato da Sandra Bernhard nel ruolo di una fan ancora più matta di lui) gigioneggia con brio: in fondo, il protagonista è una variazione del Travis Bickle di Taxi Driver (1976), ma la sua follia è dovuta non ai traumi della guerra bensì al disperato bisogno di popolarità. I suoi metodi estremi, peraltro, gli daranno ragione. Special guest star, l'attore Tony Randall nella parte di se stesso.