Nella Berlino del secondo dopoguerra, Nelly (Nina Hoss), scampata allo sterminio dei campi di concentramento, ha un volto non più riconoscibile in seguito a un intervento chirurgico a cui si è sottoposta per riparare alle ustioni riportate durante la prigionia. Il marito Johnny (Ronald Zehrfeld) non la riconosce, ma notando una somiglianza con la moglie le chiede di assumerne l'identità per mettere le mani sulla sua eredità. L'Olocausto non si vede, nel film di Petzold, eppure è un fantasma concretissimo, che riversa in scena tutti i suoi effetti letali, devastando e falsificando addirittura l'identità del singolo, inducendolo al mascheramento e alla mistificazione di sé. Il segreto del suo volto è un noir scarno e affascinante, seducente ed elegante nella sua fosca e sobria compostezza. Petzold sembra voler rileggere la lezione del doppio hitchcockiano all'interno di un sistema melodrammatico di riferimento che è quello del grande regista tedesco Reiner Werner Fassbinder, imperniato su simmetrie sempre sul punto di esplodere. I modelli, quindi, sono altissimi, e il film di certo non sfigura, anche se l'ottimo lavoro sull'atmosfera e sulle tonalità dell'ambientazione, viene minato da un ritmo in parte sfilacciato, e da una progressione drammaturgica che finisce con l'affievolirsi. Il risultato complessivo è comunque efficace grazie anche all'ottima prova di Nina Hoss.