Son (Michael Shannon), Boy (Douglas Ligon) e Kid (Barlow Jacobs) sono tre fratelli dell'Arkansas a cui è appena morto il padre, che li aveva abbandonati in tenera età per ricostruirsi un'altra famiglia. Durante il funerale dell'uomo, i protagonisti scateneranno una faida con la “nuova” prole destinata a stravolgere le loro vite. L'esordio dietro la macchina da presa di Jeff Nichols (qui anche sceneggiatore) è un dramma che si colloca nella più povera e desolata periferia americana, smarrita e disorientata dopo l'11 settembre 2001. La figura del padre, di cui mai si vede il volto, è la personificazione di un paese che ha ormai smarrito il proprio passato per rifugiarsi nella religione. Ambientandolo in paesaggi dall'indubbio fascino, Nichols comincia un percorso di narrazione della periferia capace di svelare il disagio di una nazione che continuerà con le opere successive (Take Shelter, 2011 e Mud, 2012). Acerbo solo in piccola parte, è un'opera prima che colpisce e che mostra già il discreto talento di un buon regista in erba. L'analisi dei personaggi è piuttosto approfondita, grazie anche a un cast in buona forma capace di impersonare figure borderline, smarrite nei vizi e negli ozi della vita. Michael Shannon è qui a un punto chiave per la propria carriera: da questo film (in cui veste i panni dell'istintivo fratello maggiore) in poi, comincerà a interpretare personaggi sempre più enigmatici e intensi, raggiungendo anche la nomination all'Oscar per la sua interpretazione in Revolutionary Road (2008).